In questo articolo prenderemo in considerazione lo scenario geopolitico e finanziario che con ogni probabilita’ caratterizzera’ il pianeta nel prossimo decennio.
Dallo scenario che andremo delineando trarremo delle conclusioni circa il futuro che ci attende, sia in veste di risparmiatori che di investitori e cittadini dell’Occidente.
Non solo i nostri “risparmi” saranno toccati dalla “rivoluzione” in corso: ma anche il nostro sistema di “valori” e “orientamenti” culturali.
Abbiamo gia’ analizzato e affrontato la questione del prossimo declino del “petrodollaro” a causa della “spaccatura” di visioni e interessi geopolitici non piu’ coincidenti tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita.
Puoi ulteriormente approfondire l’argomento leggendo questo articolo.
Il divario di interessi tra USA e Arabia e’ ormai incolmabile. Su tutti i “dossiers” che contano (Iran, Iraq, Afghanistan, Siria, Egitto e “Primavere Arabe”, Al Qaeda) i tornaconti geopolitici dei due paesi non collimano piu’.
Di recente, comunque, e’ stato “siglato” un accordo segreto tra americani e sauditi per far scendere le quotazioni degli idrocarburi (petrolio e gas).
I termini dell’accordo sono i seguenti: i Sauditi devono continuare a inondare il mondo di petrolio nonostante il calo della domanda; la speculazione ribassista sui mercati a termine USA (i mercati “futures”) fa il resto del “lavoro” siglato nell’accordo.
Il risultato? Prezzi degli idrocarburi in calo verticale.
Obiettivi? In via principale, due.
Gli USA intendono “colpire” mortalmente l’ingente export russo di idrocarburi a causa delle questioni Ucraina e Crimea.
L’Arabia Saudita intende “demolire” l’export Iraniano di idrocarburi, mettere in ginocchio il paese degli Ayatollah e ridurne la notevole influenza in Iraq nonche’ “punire” la Russia per l’appoggio al regime siriano di Bashar Al Assad.
Ma l’Arabia Saudita, sebbene rinsaldi il rapporto con gli USA, gioca su piu’ “tavoli”.
I sauditi, in modo spregiudicato, mirano a “mandare in rovina” l’industria americana dello “shale oil” (gli idrocarburi non convenzionali) che e’ vista come un pericoloso concorrente nell’estrazione di idrocarburi.
L’accordo sul contenimento dei prezzi del petrolio e del gas tra USA e Arabia Saudita non rinsaldera’ i rapporti tra i due paesi.
USA e Arabia si stanno reciprocamente “strumentalizzando” ma i loro interessi a lungo termine rimangono difformi e non conciliabili.
Gli USA non attaccheranno l’Iran e neppure la Siria come speravano i Sauditi; gli Stati Uniti, sanno che la stabilita’ dell’Iraq (e la conseguente stabilita’ del Medio Oriente) dipende in gran parte dall’Iran, pertanto cercheranno di concludere un accordo sul dossier “nucleare” dell’Iran.
Gli Stati Uniti – nonostante le velleita’ dell’Arabia Saudita – si stanno progressivamente disimpegnando dal teatro Mediorientale.
Forse l’Arabia Saudita e’ conscia di questo e sostiene la “guerra del greggio” degli USA nell’aspettativa di diventare Oligopolista di riferimento nel campo energetico (in accostamento alla Russia) e successivamente, di abbandonare progressivamente il ruolo del Petrodollaro al suo destino commercializzando petrolio in Yuan direttamente alla nazione con il piu’ alto consumo di idrocarburi al mondo: la Cina
[divider]
GLI USA E IL “PIVOT TO ASIA”
Il 6 gennaio 2012 dal Dipartimento della Difesa (Dod) Statunitense e’ stato emanato un dossier intitolato “Sustaining U.S. Global Leadership: Priorities for 21st Century Defense” (sosteniamo la leadership globale degli Stati Uniti: le nostre priorita’ per il 21° secolo).
Con questo rapporto l’Amministrazione Obama intende ribilanciare le Forze Armate Statunitensi verso l’Asia Orientale, disimpegnandosi progressivamente dal Teatro Mediorientale.
E’ l’inizio di una diretta contrapposizione nei confronti dell’unica potenza economica, strategica e militare che possa contrastare la supremazia economica e militare USA: la Cina.
Questa nuova proiezione geopolitica degli USA, di “contenimento e deterrenza”, e’ stata denominata “Pivot to Asia“.
A pagina 8 del dossier che ho allegato, si puo’ leggere:
“U.S. economic and security interests are inestricably linked to developments in the arc extending form Western Pacific and East Asia into Indian Ocean region and South Asia, creating a mix of evolving challenges and opportunities. Accordingly, while the U.S. military will continue to contribute to security globally, we will of necessity rebalance toward the Asia-Pacific region.”
Ovvero:
il dislocamento delle Forze Armate USA nel Teatro dei mari del Sud-Est Asiatico e’ una necessita’ storica per gli Stati Uniti: gli USA non possono fare a meno di concentrarsi sul loro vero nemico globale, a causa degli ingenti crediti che i cinesi vantano nei confronti dell’America, crediti valutari, di possesso di Titoli di Stato, nell’export commerciale e persino nell’acquisto di intere industrie partecipate dalla Cina, sin dentro il cuore degli Stati Uniti.
Le Forze USA nel Pacifico saranno ribilanciate concentrando la loro capacita’ sia nel campo della deterrenza nucleare che della capacita’ di “negazione elettronica” (cyberwar e information war) e nella supremazia delle sue forze aeronavali.
Gli USA stanno dislocando le proprie forze aeree e navali dal Sud del Mar Cinese Meridionale, proseguendo a nord nelle Isole Paracelso, Taiwan, base di Guam, Isole Spratly, Diayou e Giappone.
Entro il 2020 il 60% delle navi da guerra statuintensi saranno schierate nel Teatro dei mari del Sud-Est Asiatico.
Gli USA mirano a divenire i patrocinatori di un Nuovo Ordine Asiatico ponendosi come tutori militari di paesi come il Giappone, l’Indonesia, la Corea del Sud, l’Australia e la Nuova Zelanda.
L’obiettivo non e’ una “guerra” con la Cina ma il suo “contenimento” geostrategico e geopolitico, impedendo alla Cina la disponibilita’ delle vie marittime, isolando il Paese del Dragone dai suoi partners commerciali, accerchiandola ed eventualmente – nel caso peggiore – esercitare lo “strangolamento” economico.
Ritengo che questi due grandi paesi non giungano a un confronto militare, anche se non posso escludere un’escalation militare nei prossimi anni, che possa condurli a un confronto anche di natura bellica magari di portata limitata.
Gli USA non hanno scelta. Il disimpegno nel Teatro Mediorientale (con il rischio di “fuga dal Petrodollaro” da parte dell’Arabia) e’ una scelta necessitata, costretta dall’incalzare degli eventi geoeconomici.
Si tratta di fronteggiare la Cina, il maggior creditore mondiale degli USA, il suo crescente peso nel mercato delle materie prime volte ad assicurare al Paese del Dragone il controllo diretto delle quotazioni delle “commodities”, la maggior potenza economica e commerciale in grado di sfidare la supremazia americana nel mondo.
[divider]
COME SI PREPARA ALLA “GUERRA” LA CINA. I BRICS E LA SHANGAI COOPERATION ORGANIZATION (SCO)
Non pensare che la Cina non stia prendendo le “contromisure” alle politiche militari e strategiche degli USA.
La Cina, come da sua lunga tradizione culturale, intende “sottomettere l’esercito nemico senza combattere” in quanto “prova di suprema abilita’”.
Il peggioramento dei rapporti tra Russia ed Europa e Stati Uniti, ribilancia la posizione della Federazione Russa verso la Cina (Pivot to China).
E’ giocoforza inevitabile per la Russia “puntare” al mercato cinese come via di sbocco per il commercio dei propri idrocarburi (petrolio, gas e uranio) e delle sue infinite risorse naturali e agricole.
Le sanzioni economiche europee e statunitensi contro la Russia, quindi, in modo paradossale rafforzano il blocco continentale economico sino-russo.
La Cina, grazie agli accordi commerciali e valutari con la Russia, intende rafforzare il suo ruolo economico egemonico in Asia e ridimensionare il ruolo degli USA in tutto il Sud Est Asiatico.
Cina e Russia concordano da tempo sulla necessita’ di sfidare il predominio mondiale dell’America e del biglietto verde come valuta di riserva; la loro crescente integrazione economica accelera verso questo obiettivo strategico.
Ma la Cina non mira solamente a includere la Russia nella sua orbita economica e geopolitica.
La Cina intende aggregare al suo progetto economico-valutario-militare anche i restanti paesi del gruppo BRICS (Brasile, India, Sudafrica) nonche’ altre potenze emergenti gia’ connesse alla Cina da rapporti economico-commerciali.
Sto parlando dell’ampliamento inevitabile della platea di nazioni che fanno parte della Shangai Cooperation Organization (SCO).
La Cina punta a rafforzare i “corridoi economici” sia con la Russia, tramite la Mongolia, sia con altri potenziali partners commerciali che potrebbero presto aderire alla SCO (la Mongolia stessa, l’India, Iran, Pakistan, Uzbekistan, Bielorussia, Turchia, Sri Lanka e Afghanistan).
I cinesi sosterranno la Russia come leader nella Presidenza della SCO nel 2015, promuovendo una politica di “mutua sicurezza economica e militare” tra Cina e Russia.
La Cina mira a rafforzare i rapporti di cooperazione economica con questi paesi, in settori nevralgici come quello minerario, infrastrutturale, dei trasporti, in quello energetico e quello della sicurezza.
Sara’ fondamentale osservare l’evoluzione dei rapporti tra Cina e India, in quanto i futuri assetti geoeconomici e finanziari dipenderanno dalle relazioni dai due paesi asiatici.
Nel prossimo quinquiennio assisteremo a un rafforzamento tra la SCO e i BRICS: le due organizzazioni si impegneranno per consolidare il sistema infrastrutturale ed energetico dell’Eurasia.
Quando la cooperazione tra le due organizzazioni sara’ ultimata (entro qualche anno), piu’ del 50% della popolazione mondiale sara’ collegata sotto l’ombrello protettivo economico e militare dei BRICS e della SCO.
Non escludo che altri paesi emergenti, per ora non “allineati” nei BRICS e nella SCO, si uniscano di fatto alle due organizzazioni traendo in prospettiva mutuo vantaggio dall’instaurarsi della cooperazione economica e finanziaria con i paesi gia’ aderenti.
L’obiettivo dichiarato dei BRICS e’ quello di avere una valuta del tutto separata dal dollaro statunitense.
A livello personale ritengo che entro 5 – 10 anni al massimo sara’ costituito un nuovo “blocco” egemonico-economico-valutario-militare che potremo chiamare “blocco Renminbi-Yuan”.
Il “blocco Renminbi-Yuan” consolidera’ i propri rapporti commerciali, economici e finanziari, tramite l’utilizzo dello Yuan all’interno della sfera dei rapporti di commercio transfrontaliero, abbandonando di fatto il dollaro americano nell’interscambio commerciale.
Quando questo passaggio finanziario sara’ ultimato assisteremo alla riduzione delle riserve valutarie in dollari americani detenute dalle banche centrali, attualmente nella misura del 60% del totale delle riserve.
Gli USA contano su riserve valutarie in dollari per una percentuale del 60% delle riserve globali, con un’economia che vale appena per il 25% (ovvero un quarto) dell’economia globale.
Ovvero: il dollaro “conta” piu’ per il 60% dell’economia globale, con una forza economica statunitense inferiore del 25%.
La permanente rapida crescita dell’economia cinese, accompagnata dallo sviluppo di un piu’ ampio mercato dei titoli di stato e del comparto azionario cinese, dall’apertura della Cina al mercato globale delle materie prime e del mercato dei flussi di capitali, la liberalizzazione delle yuan; forse tutto cio’ non e’ sufficiente a “scalfire” il ruolo del dollaro come valuta di riserva globale.
Per contro: l’espansione dell’utilizzo, dell’impiego dello Yuan a livello mondiale in primo luogo, l’impiego dello Yuan all’interno delle relazioni commerciali tra i principali partners commerciali della Cina (BRICS e SCO), nonche’ tra Cina e Germania, Australia, Nuova Zelanda e Paesi dell’America Latina, sosterra’ la formazione di quello che io chiamo il “blocco Renminbi-Yuan”: l’edificazione di questo blocco commerciale avra’ come conseguenza un rafforzamento delle quantita’ di riserve valutarie detenute in Yuan e di riflesso una decrescita sostanziale delle riserve valutarie detenute in dollari americane.
Entro il 2025 oltre meta’ della crescita economica mondiale sara’ sostenuta dalla Cina, Messico, Russia, Brasile e Corea del Sud.
Per gli Stati Uniti la costituzione del “blocco Renmimbi-Yuan” costituira’ la fine del dollaro come valuta di riserva mondiale.
Sara’ la fine di una lunga stagione.
Un ritorno al passato, in realta’. Prima della Rivoluzione Industriale erano la Cina e l’India i veri dominatori del Commercio Internazionale.
[divider]
UN RAPIDO SGUARDO ALL’EUROPA
Sul futuro dell’Europa permane una grande incertezza. Le tensioni tra gli Stati del Blocco Nordico (Germania in testa) e quelli del Club Med (Grecia, Italia, Spagna, Portogallo ma anche Irlanda) sono destinate a perdurare e forse a esacerbarsi.
Le politiche di espansione monetaria che la BCE si appresta a varare, da gennaio 2015, potrebbero dare impulso a un maggior tasso di crescita, di fatto “inflazionando” ulteriormente la moneta dell’Eurozona.
E’ difficile, pero’, che la leva monetaria della BCE riesca a compensare la mancata integrazione economica, fiscale, politica e militare dell’Europa.
L’Europa non ha un debito sovrano in comune, ne’ una politica fiscale omogenea, tanto meno una politica estera e militare comune.
E’ probabile che la Germania, proiettata con tutto il Blocco Nordico verso i mercati dell’Est (Cina e Russia; con la prima la Germania alimenta il suo export di prodotti chimici, automobili e macchinari, con la seconda dipende dalle sue forniture energetiche in cambio di “know how” tecnologico), si preparino a una fuoriuscita dall’Eurozona, come ho documentato in questo articolo.
Il “blocco nordico”, se l’Eurozona dovesse “spaccarsi” per cause economiche e politiche interne oppure se non riterra’ piu’ opportuno sottostare alle politiche espansionistiche della BCE, uscira’ dalla Zona Euro e avviera’ una partnership sempre piu’ intensa con il “blocco Renmimbi-Yuan”, di fatto adottando un nuvo “Euro forte” e lo Yuan nell’interscambio commerciale tra i due blocchi.
Se si avverasse lo scenario che ho prospettato, il rischio dell’Italia (come del resto per la Spagna, il Portogallo e la Grecia) e’ quello di ritrovarsi con un “Euro debole” non compensato da una crescita economica piu’ “forte”; la nostra nazione rischiera’ di rimane separata dal cuore produttivo, economico e finanziario europeo (il Blocco Nordico), in balia dell’inflazione galoppante e della perdurante instabilita’ geopolitica ed economica proveniente dal Nord Africa, dai Balcani e dal Vicino Medio Oriente.
Il declino demografico gia’ in corso, potrebbe accentuare il declino della nostra produttivita’ economica di lungo periodo e l’ulteriore deterioramento del debito pubblico, sanitario e pensionistico.
[divider]
CONCLUSIONI: LE QUOTAZIONI FUTURE DI ORO E ARGENTO
Il decennio che si apre (2015 – 2025) consistera’ in un passaggio delicato per gli equilibri finanziari e geopolitici del pianeta.
Il dollaro americano si avvia verso il centesimo anno (1921) a titolo di “valuta di riserva globale”.
Le valute di riserva, dal 1450 a oggi, tendono a perdurare per cicli che durano dai 95 ai 105 anni al massimo.
Se i cicli storici tenderanno a ripetersi, il biglietto verde dovrebbe vedere l’inizio della sua crisi storica a partire proprio dal decennio 2015- 2025.
L’ascesa del blocco ecomico-valutario-finanziario-militare che ho denominato “blocco Renminbi-Yuan” e’ destinato a soppiantare l’egemonia globale USA e di quella dell’Occidente in generale.
Assisteremo a un passaggio di consegne. Il potere economico e militare transitera’ da Oves verso Est.
Potresti chiederti: ma verso chi dobbiamo parteggiare?
Chi dovremmo appoggiare?
A quale dei due blocchi dovremmo aderire: quello Occidentale o quello Orientale?
A mio avviso, come risparmiatori, investitori e cittadini, dobbiamo parteggiare per NOI STESSI.
Non dobbiamo allinearci ne’ con un blocco ne’ con l’altro.
Siamo cittadini dell’Occidente e dovremmo parteggiare per quest’ultimo.
Ma, a livello individuale, ha poco senso e utilita’ sostenere un blocco oppure l’altro. Dobbiamo invece agire per difendere i nostri risparmi e il nostro futuro, considerandoci “cittadini del mondo”, non piu’ legati a interessi o nazioni particolari.
Solo in questo modo avremo la possibilta’ di evitare il declino individuale, dato che il declino economico, demografico, sociale e culturale dell’Occidente e’ un fatto che va al di la della nostra portata e capacita’ di incidere sui trends globali e sui cicli storici.
Parteggia per te stesso e per il futuro della tua famiglia; questo e’ il mio consiglio.
Oggi, le quotazioni di oro e argento, sono ai minimi del ciclo rialzista secolare e potrebbero avviarsi a nuovi minimi quadriennali.
Ritengo che questi prezzi non li vedremo mai piu’ nell’arco della nostra vita.
Cina, India, Russia, Turchia, i paesi del Sud Est Asiatico, alcuni paesi dell’America latina; essi prenderanno il controllo di tutti i mercati delle materie prime (agricole, industriali, metalli preziosi e idrocarburi). Essi prenderanno anche il “controllo valutario”, riformando l’intero assetto valutario globale.
Il Petrodollaro declinera’ e il biglietto verde non sara’ piu’ agganciato alle quotazioni della commodity principale (il petrolio); il mondo transitera’ dalla disinflazione, all’inflazione, all’iperinflazione e al caos valutario.
Le banche centrali di tutto il pianeta si disfaranno, in modo graduale ma poi sempre piu’ rapido, delle riserve valutarie in dollari.
Di conseguenza le quotazioni dell’oro e dell’argento saranno soggette a una forte rivalutazione; sara’ l’avvento della terza e ultima fase del mercato rialzista secolare dei metalli preziosi.
Coloro i quali avranno diversificato parte dei propri risparmi in oro e argento sperimenteranno la fase del “trasferimento di ricchezza” dagli assets espressi in valuta al denaro reale (oro e argento).
Se sarai tra questi “fortunati”, la crisi attuale potrebbe essere per te un’opportunita’ e non una calamita’; ricorda, il ciclo storico del dollaro sta per terminare, non farti prendere in contropiede.
4 risposte
Un articolo con i controcoglioni. Complimenti.
…Buon giorno Riccardo e soprattutto ti auguro che il 2015 sia il migliore dei tuoi anni.
Bella la frase che hai scritto:A mio avviso come risparmiatori, investitori e cittadini, dobbiamo parteggiare per NOI STESSI.
Infatti il valore piú importante é e sará sempre preservare il benessere futuro della tua famiglia, quindi la miglior scelta é quella di organizzarti il tua propia “microbanca centrale” , organizzare le tue propie scorte e soprattutto quando cammini guardare dove appoggi i tuoi passi.Un consiglio in questi tempi: Compera solo se hai i soldi, se no é meglio aspettare.Un punto che vorrei chiarire é il fatto che hai fatto menzione del Messico come parte di sostenitore dell’economia mondiale nel 2025 ( assieme alla Cina, Russia, Brasile e Corea del sud ) dicendoti che vivo in Messico da quasi 37 anni ( 37 anni ascoltando promesse “Disneylandiche” da incantatori di serpenti ) e questo paese non gioca un ruolo di sostenitore dell’economia mondiale, forse lo dici perché sei stato in vacanza a Cancun e ti é piaciuto fin troppo, peró posso assicurarti che la realtá messicana é ben differente, non entro in dettagli.
Un saluto cordiale
Ciao Danilo,
ti ringrazio, per aver letto l’articolo e per averlo apprezzato.
A dire la verita’ non sono mai stato in Messico, ho citato una previsione di PricewaterHouse Coopers circa le previsioni del PIL mondiale entro 10 anni (2025). PWHC comprende anche il Messico tra i paesi a piu’ alta crescita entro quella data.
So che, attualmente, il Messico e’ ben lontano da essere considerato un paese, sotto molto aspetti, “moderno” e “tecnologicamente avanzato”. Credo che PWHC abbia inserito il Messico a prescindere dall’attuale livello tecnologico raggiunto dal paese e dai livelli di “disuguaglianza sociale” che caratterizzano il paese. Forse, entro 10 anni, le cose cambieranno anche per il Messico.
Ciao
Riccardo Gaiolini
Analyst & Research
https://www.deshgold.com
E qual è la cosa che aumenta sempre nella disinflazione, inflazione, iperinflazione e caos con successivo declino valutario? Oro e argento. L’iperinflazione sarà catastrofica, forse anche peggio della deflazione. Basti vedere cosa è successo alla Repubblica di Weimar in Germania, quando un francobollo arrivò a costare un milione di marchi e una pagnotta di pane un miliardo di marchi! Sarà più catastrofica di una guerra. Nemmeno la stampa ultraindiscriminata di moneta quotidiana riusciva a tenere il passo dell’iperinflazione a quei tempi…