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USA: il trillion dollar baby ad un passo dal collasso

All’incirca due settimane fa, lontano dai riflettori, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha diramato le sue previsioni sul deficit federale per i prossimi anni: i numeri parlano da soli.

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Per cercare di coprire i sempre più generosi deficit del bilancio federale, il Tesoro prevede di prendere a prestito quasi 1 trilione di dollari nel 2018, chiederne 1,1 l’anno successivo e per il 2020 alzare l’asticella a 1,3 trilioni.
Di questo passo, secondo documenti ufficiali, il debito pubblico USA supererà i 25 trilioni di dollari entro settembre 2020.

Cerchiamo di vedere le cose in prospettiva: non solo ad oggi gli USA detengono di gran lunga il più alto debito pubblico nella storia dell’umanità, ma quei 25 trilioni di dollari saranno anche superiori a tutti i debiti pubblici delle altre nazioni del mondo messi insieme.

Da qui la domanda: ma come diamine è possibile che il Governo Federale abbia bisogno di bruciare 1 trilione di dollari l’anno per poter funzionare?

Secondo le principali fonti di informazione, CNN in testa, in questo momento tutto va a gonfie vele negli USA:

  • l’economia è forte,
  • la disoccupazione bassa
  • la detassazione è a livelli record.

Non sembra certo la fotografia di un paese diviso da una faida politica e sociale, che stia cercando di salvarsi da una crisi economica di proporzione epiche o che stia combattendo una depressione economica.

Tutto fila alla grande e nulla è fuori posto; ciononostante, ha bisogno di un trilione di dollari l’anno per sostenersi.

La cosa è preoccupante, per certi versi: quanto diventerà profondo questo deficit quando gli USA vivranno per davvero una crisi finanziaria o un’altra recessione?

Beh, nessuno lo sa: semplicemente queste possibilità non sono state contemplate nelle proiezioni.

E se nessuno volesse più il debito USA?

Nel decennio scorso, per vendere i suoi bond, il governo statunitense ha sempre potuto fare affidamento sui soliti noti – FED, Cina e Giappone – da cui ha preso a prestito trilioni di dollari sin dalla fine della crisi del 2008.

Pensateci: quei tre hanno accumulato così tanti bond USA che ora detengono sul loro bilancio il doppio del debito USA che avevano prima della crisi. La Federal Reserve in particolare, con i suoi Quantitiative Easing, ha risucchiato ogni certificato di debito a lungo termine che ha trovato, come fosse un aspirabriciole.

Ma ora, tutti e tre i tenori se ne sono tirati fuori da questo giochino:

  • la FED ha formalmente dichiarato di averla finita con i suoi QE. In altre parole: basta creazione di moneta dal nulla da parte sua e via libera ai Quantitative Tightening;
  • il Governo Cinese, di punto in bianco, ha declassato il debito USA ed ora si dice  impegnato a pensare che fine far fare ai bond americani;
  • il Giappone ha ritenuto opportuno riversare ogni singolo centesimo nella sua economia invece che in quelle degli altri: tra l’altro, da qualche parte, i soldi per finanziare i suoi programmi di riarmo lì dovrà pur prendere.

Inoltre, i dati del Dipartimento del Tesoro statunitense affermano che sia la Cina che il Giappone, hanno ridotto la propria esposizione al debito statunitense a partire dalla scorsa estate. [hanno cominciato a vendere ad altri i bond in loro possesso ndr]

Tutti i più grandi acquirenti del debito governativo statunitense, non acquistano più debito made in USA.

La conseguenza è abbastanza ovvia: tassi, in salita!

E’ una semplice questione di domanda ed offerta: l’offerta di debito aumenta mentre la domanda crolla.

Ciò significa che il prezzo di mercato dei titoli di debito USA, per i meccanismi più elementari del mercato, dovrà scendere e, quindi, dato il rapporto inverso fra prezzo e tassi delle obbligazioni, i tassi dovranno aumentare.

Non dubitarne: tassi più alti avranno un enorme impatto su qualsiasi cosa ci sia là fuori e la principale conseguenza dell’aumento dei tassi è che i beni tendono a costare meno. Un risultato niente male no? Ma non giungere a conclusioni troppo affrettate.

Avere tassi più elevati, significa che contrarre debiti costa di più e quindi, in virtù del minor capitale a disposizione, la profittabilità delle imprese ne risente.

Il passo successivo ad una riduzione dei profitti è piuttosto immediato: i prezzi azionari scendono. Tuttavia, essendo stata pratica comune negli ultimi anni il ricomprare le proprie azioni facendone aumentare il prezzo (buy back), questa discesa degli indici azionari potrebbe essere ancora più vertiginosa del solito.

Alzare i tassi significa anche mettere le persone nella condizione di non riuscire a prendere a prestito quanto desiderano e quindi di rinviare il consumo: quindi anche i prezzi dei beni scendono.

Tutto ciò porterà a delle conseguenze anche per il governo: dovrà ripagare interessi più alti agli investitori che lo finanziano e quindi chiedere ancora più soldi, sia ai cittadini (più tasse) che ai compratori dei suoi bond (altro debito).

Il deficit spending è appunto questo: niente attivi ma solo nuovi, più grandi passivi con cui ripagare quelli vecchi. Un’autostrada verso l’insolvenza.

E se qualcuno ferma la musica?

Alla fine, si sà, chi gioca col fuoco finisce con lo scottarsi: l’economia statunitense dopo aver cercato di contrastare la depressione stampando moneta, ora le fa l’occhiolino alzando i tassi perché, nel caso si materializzasse, coi tassi già bassissimi non saprebbe che stimoli dare all’economia.

Per evitare una cosa, decide di buttarcisi fra le braccia: una strategia a dir poco discutibile.

Gli Stati Uniti sono oramai decenni che non hanno un’economia orientata verso la produzione: sono un’economia di consumo che, per continuare a consumare, ha bisogno di moneta a basso costo (cioè a bassi tassi) e petrolio in saldo, per poter continuare a crescere.

Sia petrolio che tassi di interesse, sono più che raddoppiati dai loro minimi e nulla lascia pensare che la loro corsa sia finita: potremmo già star vivendo le prime ore del giorno del giudizio finanziario del paese più influente al mondo, hai già preso in considerazione di proteggere il tuo patrimonio ed acquistare oro?

da The Sovereign Man

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4 risposte

  1. Effettivamente un trilione è difficile anche solo da immaginare a livello simbolico.
    Ricordo che a livello percentuale, non certo assoluto, gli USA raggiunsero un dato simile durante la seconda guerra mondiale; al termine del conflitto gestivano però quasi la metà del sistema manifatturiero mondiale in un mondo coperto da macerie.
    Oggi , non conosco i dati esatti, ma dubito che gli States riescano a produrre più di un decimo del settore industriale generale.
    Nessuno per la verità può sapere esattamente cosa nasconda ancora il vulcanico Donald sotto il cilindro magico.
    Il problema è che o prima o poi (non troppo) qualcuno dovrà saldare tutto questo mare di debiti.
    Speriamo solo che nessuno scelga la via “breve del conflitto bellico”.
    In tal caso rischieremmo un ritorno all’ età della pietra.
    Quindi l’oro, proprio per la sua natura fisica, pur non potendo garantirci al 100% (nulla lo è a questo mondo), rimane l’asset più sicuro.

  2. Troveranno ancora una volta la strada per farcela come hanno fatto sempre
    E da 5 anni che ci seguo ed è da 5 anni che lanciate sentenze sugli stati uniti per avvalorare la vostra tesi.Il mondo finanziario è made in USA loro sanno quello che fanno.

  3. tentativo bislacco di far quadrare una linea morta !! Aumentano i tassi ? di sicuro e l’oro scende o per chiarezza di vedute si stabilizza un poco più in basso. Per quanto riguarda i debiti sovrani di questi Stati e di chi glieli compra ……… ognuno sa il fatto suo e non hanno bisogno di consigli dagli ultimi della classe.

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