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La trinità impossibile: Cina, pasta o dollaro?

Attorno al mondo difficilmente si trova qualcuno che non sappia apprezzare la magia insita in uno dei simboli della cucina italiana del mondo, un piatto di pasta fumante.

La cucina cinese, in alcune sue declinazioni, invece, non piace proprio a tutti.

Vediamo quindi come la Cina, in un sodalizio culinario sino-italiano, ha in mente di prendere tre piccioni con una fava: risolvere un trilemma economico, battere il dollaro e rimandare la bolla del debito pubblico, semplicemente alzando il coperchio della pentola dove lessa la pasta.

Facciamo poi un punto della situazione attorno al mondo, mai come ora in continuo e rapido cambiamento.

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In economia, i meccanismi che governano il commercio internazionale, le dinamiche che stimolano i consumi, i mezzi per addolcire i ribassi dei cicli economici vengono descritti attraverso modelli empirici.

Questi modelli, tuttavia, hanno la pretesa di descrivere la realtà affidandosi a semplificazioni e forzature, spesso esagerate, necessarie a far girare il modello in modo che soddisfi la teoria da cui nasce.

Un approccio, francamente, molto poco scientifico.

La trinità impossibile è uno di questi meccanismi, teorizzato nell’ambito di uno dei modelli più avanzati della teoria economica – cioè quello di Mundell-Flaming –, con il quale si tenta di prevedere quali conseguenze abbiano le azioni intraprese dai governi nel libero mercato internazionale.

La trinità impossibile afferma che: un’economia aperta al commercio internazionale non può ottenere contemporaneamente una politica monetaria indipendente, un tasso di cambio fisso della propria valuta, il libero movimento dei capitali dentro e fuori la nazione.

La pratica ha dimostrato che si possono perseguire due di questi obiettivi al tempo stesso, ma non tutti e tre, confermando la teoria sottostante.

Oggi la Cina ha nuovamente occupato le testate giornalistiche di mezzo mondo per via delle pulizie di primavera che il Partito compie ogni 5 anni, andando a comporre il nuovo Politburo: una sorta di assembramento di masterchef del Partito Comunista cinese, da cui vengono decisi i menù e le strategie di cottura dell’economia della nazione asiatica.

Per i nuovi arrivati, la patata bollente da dover pelare sarà bella grossa: dovranno risolvere la trinità impossibile.

Dal 2008 la Cina ha percorso una strada irta di ostacoli: ha fissato la propria valuta al dollaro, ha permesso libertà di movimento ai capitali per rafforzare la crescita, persegue una politica monetaria i cui obiettivi vengono fissati dal Politburo invece di essere regolati dalle forze di mercato.

Esattamente ciò che la trinità impossibile le vieta di fare.

Detta in parole povere: perseguire tutti e tre quegli obiettivi contemporaneamente è come mettere un coperchio su una pentola in cui bolle l’acqua per la pasta. Come l’acqua nella pentola si surriscalda e straborda rendendo l’intero piano gas impresentabile, così fa l’economia.

E dal 2008, lo chef cinese è stato già costretto varie volte a rimboccarsi le maniche e a ripulire tutto con sgrassatore ed olio di gomito, e continuerà a farlo se non si deciderà a togliere quel coperchio una volta per tutte.

La pulizia della cucina, in genere, avviene in questo modo: si svaluta lo yuan, si gestisce la conseguente arrabbiatura degli Stati Uniti al vedere il dollaro meno competitivo della valuta cinese e, dopo esser volate parole grosse, o si rimette il coperchio – lo yuan viene rivalutato – o si alza la fiamma sotto la pentola – il dollaro viene svalutato –.

La soluzione più gettonata sarebbe anche stavolta quella di svalutare lo yuan ma in questo preciso momento storico, farlo, potrebbe essere davvero pericoloso: le tensioni con gli USA sono al massimo in quella parte di mondo, tra investigazioni statunitensi per dumping internazionale cinese e danni economici dovuti alle sanzioni contro la Corea del Nord.

<< Conflitti valutari portano a conflitti commerciali e da lì a poco è un attimo veder volare pallottole >>, diceva il buon Rickards.

Una cosa è certa: nonostante le difficoltà Pechino dovrà fare qualcosa, perché lo status quo, ai fornelli, è insostenibile.

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La soluzione petro-yuan e i muscoli statunitensi

Nel risolvere le problematiche della trinità impossibile potrebbe giocare un ruolo fondamentale la ricetta dei petro-yuan.

Secondo la CNBC news la mossa definitiva per portare il dollaro allo stremo delle sue forze, può essere non più lontana di due mesi.

Che, guarda caso, non è molto più tempo di quanto sia rimasto ai cinesi prima di svalutare ulteriormente lo yuan.

Ma in cosa si differenziano i petro-yuan dagli yuan svalutati?

In poco, perché entrambe le strategie svalutano lo yuan, in tanto perché il petro-yuan farebbe entrare il dollaro in crisi esistenziale, al contrario di una mera svalutazione che lo farebbe starnutire soltanto.

Una svalutazione dello yuan porterebbe ad un rinnovarsi della battaglia mediatica ed economica che si consuma tra Washington e Pechino, al quale gli USA risponderebbero con un ribasso del dollaro, sanzioni, o punizioni di altro genere.

L’introduzione del petro-yuan, invece, vedrebbe le forze di mercato stesse premere per una svalutazione tanto dello yuan quanto del dollaro, ma con effetti molto più devastanti per quest’ultimo.

I produttori di petrolio, gli investitori e così via, farebbero la fila per acquistare i futures denominati in yuan e garantiti da oro fisico, in quanto si libererebbero di una valuta inflazionata (il dollaro), in favore di vero denaro (oro) che acquisterebbero sui mercati internazionali.

La domanda di oro ne farebbe schizzare il prezzo – tanto in dollari, quanto in yuan – al rialzo, evidenziando la vera debolezza del dollaro. Anche lo yuan si svaluterebbe, risolvendo la trinità impossibile, ma il colpo assestato al dollaro sarebbe di quelli da ko.

Nel sistema del petro-yuan, infatti, per il dollaro non c’è alcuno spazio e tutto ciò che rimarrebbe da fare al biglietto verde, sarebbe quello di sprofondare in termini di valore il che sarebbe anche la sua definitiva condanna: una valuta di riserva mondiale che prezza in diverse migliaia di unità un’oncia d’oro, non la vuole nessuno.

Lo yuan invece sarebbe una valuta continuamente offerta e domandata sui mercati per regolare i pagamenti di petrolio – di cui la Cina è primo importatore al mondo – e vedrebbe il suo valore, sì diminuire rispetto ai valori odierni, ma comunque galleggiare.

La continua domanda di yuan dovrebbe anche portare ad un aumento della base monetaria cinese, permettendo un’inflazione interna che gli faciliti il pagamento degli interessi sull’immenso debito pubblico.

Stando a quanto riportato dal giornalista ed opinionista Max Keiser, una situazione del genere gli Stati Uniti non la prenderebbero per nulla bene e dice sarebbero pronti a tutto  pur di tenersi stretto lo scettro e non implodere rovinosamente su loro stessi.

Come con Saddam e Gheddafi, ricorrerebbero a quanto sanno far meglio: un conflitto armato è altamente probabile, sia che prenda le sembianze di un’invasione – USA vs Corea del Nord – quanto quella di una guerra fantoccio – Cina vs Giappone – in cui si mandano avanti gli altri mentre si perseguono i propri obiettivi.

Ecco, puntualissima, giungere una nuova news: per la prima volta nell’era moderna tre portaerei della US Navy, accompagnate dai loro gruppi da battaglia, si ritroveranno contemporaneamente – chi per un motivo, chi per un altro – nella stessa area di operazioni della 7th flotta, ossia in quel lembo di oceano fra le due Coree, il Vietnam, le Filippine, la Nuova Guinea e Guam.

Una coincidenza di una trentina di vascelli da guerra ed almeno 200 caccia-bombardieri, a ridosso delle acque componenti la zona economica esclusiva cinese.

Attorno al mondo, invece, continua a far scalpore la diatriba Madrid–Barcellona ma, più in sordina, è il Venezuela a versare in condizioni sempre più disperate: quasi 40 tonnellate di oro sono state vendute alla Deutsche Bank per saldare un debito contratto l’anno scorso, per un totale di 1.2 miliardi di dollari.

I mercati danno oramai per fallito lo stato detentore della riserva di petrolio più grande al mondo, con una probabilità del 75% nei prossimi 12 mesi, nonostante la Russia – principale creditore del Venezuela – si sia detta più che disponibile a rinegoziare il debito venezuelano.

Se il petrolio, nel mondo odierno, è sinonimo di ricchezza, che differenza corre allora fra la ricchissima Arabia Saudita e il depauperato Venezuela, due paesi che letteralmente galleggiano sull’oro nero?

La differenza più lampante, pare proprio essere il rapporto con un soggetto giuridico che inizia per S e finisce con tati Uniti d’America.

L’acqua bolle in pentola ed il coperchio è ancora su.

Qualcuno lo toglierà prima che sia troppo tardi?

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5 risposte

  1. l’articolo non fa una grinza. Faccio parte della schiera che non vede l’ora che gli Usa tornino a fare quello che gli compete e cioè pascolare le vacche. So che il prezzo da pagare sarà altissimo ma sarà inevitabile. Gli amerikani hanno sempre fatto le guerre per motivi economici. Purtoppo nella loro mentalità imperialista non sono disposti nemmeno ad abbassare l’aria condizionata nella cuccia del loro cane. Le portarei sono solo una sceneggiata. Cinesi e Russi hanno la possibilità di affondarle in pochi minuti.

    1. Non nutro simpatie particolari per gli americani, anzi, ma la storia ci insegna che non esistono buoni colonizzatori. Dovesse crollare l’impero Statunitense se ne sovrapporrebbe subito uno Russo o, per stare in tema, Cinese. Morale è che per noi Italiani poco cambierebbe se non forse il rischio di cadere dalla padella nella brace. Già a guardar bene quello che la Cina sta facendo in Italia possiamo avere una buona indicazione di quello che ci aspetta. In questo senso ritengo tutte le informazioni che puntualmente ci arrivano da Roy e DeshGold in generale di vitale importanza.

  2. Ma poi, la Cina detiene la maggior parte della valuta digitale che tra qualche mese arriverà a valere 10k. “Anche” questo dovrebbe essere tenuto in considerazione nello scacchiere…
    Cmq la certezza è una, chi legge (anche noi comuni mortali) prima degli altri lo scenario che verrà, sarà ricco. Non dico vivo e in salute, ma ricco.
    Saluti

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