Non serve una scienza per capire che qualcosa, nella testa della finanza cinese, si sta muovendo.
Qualcosa di cui è impossibile dare prova fino a prova contraria, qualcosa di cui non si può avere certezza fino a quando la certezza non la si avrà in mano.
Parlo della quotazione ufficiale dell’oro in renminbi.
Gli Stati Uniti lotteranno fino allo stremo, non possono permettersi che mai qualcosa del genere avvenga, un qualcosa che, se accadesse, porterebbe alla rivoluzione finanziaria del mercato delle commodities, del Forex e non solo.
Ma un passo alla volta.
La Cina è entrata a far parte del tempio londinese del fixing aureo. Detto altrimenti, assieme a Barclays, Goldman, JP Morgan, Hsbc, Société Générale, Bank of Scotia e Ubs, comparirà il sigillo di Bank of China.
Bianco, rosso, lineare e con un quattro ideogrammi in nero che paiono scarabocchi.
Che sarà mai? Sarà che gli Stati Uniti si stanno letteralmente ca…tapultando a cercare una soluzione in fretta, prima che la potenza cinese, entrata nei tecnicismi della disciplina aurea mondiale, riesca a quotare il proprio oro in renminbi. E di quello ne ha tanto.
Inutile ripetere che la Cina è divenuta nel 2013 il più grande importatore di metallo prezioso al mondo. O forse no, non è per niente inutile ricordarlo.
Il Dragone non svela dal 2009 a quanto ammontino le proprie riserve preziose, che, ad una somma di 1.054 tonnellate, fanno ridere i polli (soprattutto quelli alle mandorle).
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Oro in renminbi: una rivoluzione che il mercato non ha ancora assimilato
…e alla quale guarda con sorpresa mista a fascino.
Oro in renminbi, una rivoluzione che per gli Usa, senza se e senza ma, significherebbe essere esautorati dal proprio ruolo di padroni del mercato, per lo meno in termini valutari.
Se il dollaro venisse scalzato dalla prezzatura aurea, o se, peggio, venisse affiancato al renminbi, l’idea di una convivenza parallela sarebbe quanto mai impensabile.
Primo perché gli Usa farebbero di tutto per sovrastare la Cina anche con mezzi non diplomatici; secondo perché gli Usa non accetterebbero la condivisione del potere centrale e, dunque, farebbero di tutto per sovrastare la Cina anche con mezzi non diplomatici.
Non c’è possibilità di equilibrio.
O salgono gli uni, o sale l’altra, e molto di ciò che sarà si decide ad ottobre.
Se il renminbi riuscirà infatti ad entrare nel paniere delle valute di riserva dell’Fmi, l’economia d’oriente si aprirà in via definitiva all’occidente: arriverà sul mercato, uscirà dall’ala protettrice del Governo rosso e si rafforzerà, eccome se si rafforzerà.
Da un lato l’economia interna non terrà il passo con gli attuali livelli di export, certo, ma dall’altro la Cina si aprirà un varco sul mercato “pesante” internazionale, con una moneta che compra e comprerà tutto il comprabile.
- Se gli occhi a mandorla decidessero allora di dare ulteriore consistenza alla moneta?
- Se non si accontentassero dell’incremento di valore ma volessero fornire anche una base solida al proprio conio?
- Se vincolassero il renminbi all’oro?
Gli Usa dovrebbero correre ai ripari, ma con tutti i dollari in circolazione quasi ogni tentativo risulterebbe nullo. L’eventualità esiste e gli Usa proveranno ad impedirlo con ogni mezzo, anche non diplomatico.
Se ci riusciranno o meno è una storia nuova e tutta in divenire.
Il concetto di oro in renminbi è comunque bene iniziare a masticarlo.