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The Economist: il cambio del sistema monetario è per il 2018

Chi segue blog come quello di DeshGold  lo fa, in genere, perché interessato a seguire un certo tipo di contenuti e di informazione che altrimenti, attraverso i canali ufficiali, sarebbe difficile da ottenere.

Il nostro lettore è perciò già preparato all’eventualità che tra queste pagine vengano discussi temi particolari o all’approccio poco ortodosso che viene qui utilizzato.

Quello di cui oggi parleremo ha lasciato basito anche chi scrive, poiché leggere della fine del dollaro da una celebre e rispettata testata giornalistica qual è il The Economist è sicuramente un evento fuori dall’ordinario.

Ancor più se l’articolo in questione è datato 1988.

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Una fenice, che risorge dalle ceneri di un mucchio di valute cartacee fumanti, con appesa al collo una grossa medaglia d’oro.

Non è una di quelle immagini che, passando davanti all’edicola sotto casa, si veda tutti i giorni; per di più sulla copertina di una rivista che tratta di economia e politica e che risponda al nome di The Economist.

Eppure, foste stati abbonati a questa rivista, sarebbe stata la sorpresa che il numero della seconda settimana di gennaio del 1988, vi avrebbe riservato.

Cerchiamo di capire cosa sia il The Economist: una rivista, posseduta dall’omonimo gruppo editoriale, che fa capo ad una delle dinastie più antiche ed influenti al mondo: quella dei Rotschild.

E’ altamente probabile che la visione che la famiglia Rotschild ha del mondo che verrà – ricordiamo che quando ci si riferisce all’elité mondiale si include anche e soprattutto questa dinastia – ogni tanto venga pubblicata sulle pagine della loro rivista, le cui copertine non mancano d’essere farcite di simbolismi e numerologie.

Tornando all’immagine pubblicata nel 1988 – che potete apprezzare nella foto di copertina di questo articolo – il messaggio è alquanto chiaro: dalle ceneri delle valute cartacee nazionali, distrutte in un grande incendio, rinascerà, come una fenice, una nuova valuta – che il titolo laterale ci suggerisce essere mondiale – probabilmente collegata all’oro – materiale di cui sembra essere fatto il medaglione che porta al collo – e che tutto ciò dovrebbe avvenire per il 2018.

Tralasciando il carinissimo cappellino a forma di giglio di Francia, il quale non si sa bene cosa possa significare, il messaggio visivo corrisponde a quanto pubblicato nel corrispondente articolo: fra 30 anni aspettatevi un cambio epocale del sistema monetario.

La parte agghiacciante è quella numerica: sono passati 29 anni e 8 mesi da quell’articolo e mai le condizioni per un cambio del sistema monetario a livello globale sono state così favorevoli.

Addentriamoci nel testo dell’articolo, analizzato sulle pagine del sito d’informazione ZeroHedge:

La Fenice [nome di fantasia della nuova valuta mondiale] inizierà come un mix di valute nazionali, esattamente come i Diritti Speciali di Prelievo dell’IMF sono oggi [nel 1988] concepiti.
Nel tempo, però, il loro valore nei confronti delle valute nazionali cesserà di ogni importanza, perché la gente sceglierebbe [la nuova valuta mondiale] per via della maggiore stabilità del suo potere d’acquisto. ‘’

Questa parte porta molta acqua al mulino di Jim Rickards che, da vari anni, afferma che i Diritti Speciali di Prelievo (in inglese SDR) verranno utilizzati per sostituire il sistema del dollaro nelle transazioni internazionali alla stregua di una valuta nazionale; al contrario di sterlina, dollaro, yuan e così via, la valuta basata sugli SDR non sarà rappresentativa di alcun paese, e, pertanto, lo stamparla non comporterebbe il peggioramento della situazione debitoria di alcuno.

Fra trent’anni gli americani, i giapponesi, gli europei e i popoli di molte altre nazioni sviluppate e non, pagheranno per i loro acquisti con la stessa valuta. I prezzi non saranno più quotati in dollari, marchi, sterline, yen ma, diciamo, in Fenice.

L’adozione della Fenice sarà vista di buon occhio sia dale aziende che dai consumatori perchè sarà più conveniente delle attuali valute nazionali che per allora saranno la principale causa della distruzione della vita economica.

[…] il più grande cambiamento nell’economia mondiale avvenuto dai primi anni ’70 in poi, è stato il vedere gli scambi di valuta sostituire gli scambi dei beni [si fa probabilmente riferimento alla nascita degli strumenti derivati] quali principali forze guida nel fissare quotidianamente i tassi di cambio.

In mezzo a tutto ciò, I confini economici nazionali [le frontiere e le aree di scambio] si stanno lentamente dissolvendo.

Come gli anni 2000 si avvicinano, le naturali forze [c’è da chiedersi cos’hanno di naturale] che stanno spingendo il mondo verso l’integrazione economica offriranno ai governi una scelta: seguire la corrente o opporsi ad essa con barricate.

La Fenice imporrà forti limitazioni ai governi nazionali […] non ci sarà più nulla che assomigli, per esempio, ad una politica monetaria nazionale.

La visione del mondo che quest’articolo ci dona è qualcosa di strabiliante.

Esso costituisce un perfetto copione che è stato eseguito alla lettera dai piani alti e che manca di un ultimo passo: la valuta unica mondiale.

Non c’è che dire: un articolo del 1988 che pare essere stato scritto solo qualche anno fa.

Denso delle stesse idee, le stesse promesse – e le stesse sciocchezze – di cui oggi si riempiono la bocca banchieri, politici ed accademici.

Nel 1988, ripeto l’anno continuamente perché è proprio questo ciò che non quadra, il mondo si trovava nel pieno della Guerra Fredda, Berlino era divisa da un muro, la paura di un olocausto nucleare era simile, forse inferiore, a quella odierna, il web come lo conosciamo oggi non era neppure nei sogni più selvaggi degli hacker più agguerriti dell’epoca, l’Unione Europea non esisteva – al suo posto la CEE – e l’Euro non era ancora stato partorito.

Come poteva un articolo del The Economist del gennaio 1988 anticipare il dissolvimento dei confini economici – la dissoluzione dell’URSS nel 1991, l’istituzione dell’Unione Europea e dell’Euro con il trattato di Maastricht del 1992, la costituzione di numerose aree di libero scambio quali CAN, ASEAN, e MERCOSUR – , la crisi economica del 2008 scatenata ed amplificata dagli strumenti derivati, la depressione – ancora in corso – che ne è seguita e dovuta alle politiche monetarie a cui la valuta fiduciaria è sottoposta –, le forti limitazioni alla politica monetaria nazionale ?

Ma anche l’istituzione di BCE ed Euro – avvenute un decennio dopo la pubblicazione dell’articolo – e la progressiva rinuncia alla sovranità nazionale degli Stati – nel caso europeo le democrazie sono ora sottoposte al giudizio di Parlamento, Consiglio e Commissione europea –?

La prima ipotesi è che al The Economist abbiano delle sfere di cristallo molto potenti.

La seconda è che il mondo stia seguendo un preciso copione stilato tre o più decenni fa dalle elité mondiali.

Secondo questo copione, il prossimo passo è quello di provocare uno shock talmente forte e convincente da far virare tutta la popolazione mondiale, o almeno quella che conta, verso il volontario riconoscimento di una valuta globale che dovrebbe avvenire esattamente per il 2018.

Ma non è finita qui.

Il redattore dell’articolo ci riserva un’ultima bordata:

L’alternativa – quella di preservare l’autonomia delle politiche monetarie ed economiche –coinvolgerebbe la proliferazione di durissimi controlli draconiani sul commercio ed i flussi di capitale. [l’accettare questa valuta mondiale] offre ai governi la prospettiva di un radioso futuro. 

[scegliendo di lasciare nelle mani degli Stati la sovranità]  essi continuerebbero a rispondere alle fluttuazioni dei tassi di cambio, a disporre della propria politica economica e monetaria senza alcuna inibizione e ad affrontare lo scoppio di bolle speculative con politiche di sostenimento dei prezzi e azioni contro i redditi personali.

La prospettiva è quella di vivere una crescita azzoppata.

Segnatevi la data della Fenice per il 2018, e quando arriva datele il benvenuto

Poco importa se poi il tempo ha smentito metà delle affermazioni contenute in quest’ultimo paragrafo.

L’Unione Europea, che alla luce di quanto qui riportato pare essere davvero un esperimento sociale effettuato in preparazione di qualcosa di ben più grande, si è rivelata essere tutt’altro che una zona valutaria ottimale: la moneta unica ha evidenziato fino all’esasperazione le differenze macro e microeconomiche che sussistono tra i vari paesi dell’Europa continentale.

Differenze che rallentano la crescita totale, che amplificano le difficoltà di recupero dalle crisi e che limitano l’iniziativa dei governi per risolverle.

Figuriamoci cosa possa accadere a livello mondiale.

Inoltre, è ancora negli occhi di tutti la soluzione dell’Austerity che la Merkel ha imposto a tutti gli europei negli ultimi 5 anni  e che ha condannato ad ancor più gravi sofferenze i cittadini di quelle nazioni, tra cui l’Italia, economicamente più deboli, o semplicemente diverse, dalla Germania.

Perché integrazione significa anche questo: sottostare al volere del più forte, costi quel che costi.

Occhi rivolti al 2018.

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3 risposte

  1. Delle due ipotesi, se quella vera fosse la seconda, non mi sorprenderebbe affatto. Perchè il processo di mondializzazione pensato da lor signori già 30 anni fa, con una moneta unica senza stato, senza politiche monetarie e senza identità significherebbe che l’obiettivo (esperimento?) di un mondo totalmente globalizzato e standardizzato è riuscito.
    Due domande: 1) Da chi verrebbe emessa questa nuova valuta?! 2) Chi ne eserciterebbe il controllo?
    Unico vantaggio, se cosi si può definire, è che non esisterebbe più il trilemma delle scelte economiche.

  2. non vorrei essere banale ma più probabile che sia una criptovaluta (bitocoin o Eth), non avrebbero sbagliato di molto la provisione la famiglia Rotschild alias Nakamoto 🙂

  3. l’articolo preso a riferimento da ZH è in realtà di Brandon Smith (che non fa parte della redazione di ZH), pubblicato nel 2014 su Alt-Market.com e ripubblicato (stranamente) da ZH. L’autore in chiusura scrive:

    “The crash of 2008 was only the beginning of the program, and 2014-2015 looks to be the next stage… Time is up.”

    E’ chiaro che si tratta dell’ennesima cassandra cialtronesca della rete e noi stiamo qui a crederci?
    per favore, basta fanfaronate a sfondo catastrofico e per di più in stile old fashion

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