La Direzione Generale Commerciale di Intelligence e Statistica (DGCI & S) ha sede a Calcutta, dipende dal Ministero del Commercio del Governo dell’India, ed è un istituto analogo al nostro ISTAT.
Koos Jansen ci fa sapere che sono stati ufficialmente pubblicati in India i dati definitivi relativi al commercio di oro e argento per l’anno 2013. Tali informazioni commerciali sono state diffuse e rese note dal dipartimento delle dogane indiano, ma si riferiscono soltanto alle importazioni complessive lorde di metalli preziosi.
In questi rapporti non si fa cenno ai dati relativi alle esportazioni di oro e argento nel corso dell’anno, forse perchè insignificanti, ma il dato è stato comunque ricavato dallo stesso Koos Jansen, consultando la banca dati Comtrade.
E’ cosa nota che il Governo dell’India, allo scopo di limitare, o quantomeno rallentare le importazioni di oro nel Paese, fin dall’agosto dell’anno passato ha imposto dei dazi alle dogane del 10 % su tali importazioni.
In aggiunta a questa imposizione è stato fatto obbligo per i commercianti indiani di esportare per legge un quantitativo minimo pari al 20% delle importazioni complessive di oro.
Potete immaginare quali siano stati i risultati della politica proibizionistica messa in atto: l’importazione ufficiale di oro è crollata, mentre i ricarichi sulle quotazioni nei mercati internazionali dei preziosi hanno raggiunto nel mese di gennaio il 25 %.
Ovviamente una situazione del genere non è sostenibile nel lungo periodo, e per aggirare l’ostacolo gli indiani si sono attrezzati come meglio hanno potuto, iniziando il contrabbando delle forniture.
Il grafico che segue da un’idea dei premi pagati per acquisire oro.
Imporre la regola dell’80/20 e aumentare i dazi dal 4 % al 10 % ha sortito l’effetto di rendere criminosa e illegale l’attività commerciale con il contrabbando dell’oro, e allo stesso tempo ha ridotto all’osso i ricavi per il Governo indiano, come conseguenza inevitabile del crollo dell’importazione ufficiale del metallo prezioso.
Ma veniamo ai dati: rispetto al primo semestre dell’anno scorso le importazioni indiane di oro hanno subito un calo del 73%. Infatti, a fronte delle 631 tonnellate di oro complessivamente entrato nel Paese, è stato registrato un’importazione di “sole” 173 tonnellate per il secondo semestre.
L’importazione lorda totale nel 2013 è stata pari a 804 tonnellate, in calo del 20% rispetto alle 999 tonnellate del 2012.
Jayant Bhandari, pratico negli spostamenti da una parte all’altra del Paese, ha riferito allo stesso Koos Jansen che contrabbandare oro in India è relativamente un gioco da ragazzi, sia alla dogana in aeroporto che quando si tratta di bypassare l’esercito alla frontiera. Il motivo? Sembra che tutti siano felici di prendere tangenti per chiudere un occhio…
Così scrive a Koos Jansen:
Una parte arriva per via aerea (via Dubai e Singapore, legalmente e illegalmente), un’altra attraverso il confine con il Bangladesh e una piccola parte attraverso il Nepal e Pakistan. Non credo valga la pena correre il rischio di portare attraverso la Cina. Il confine con il Bangladesh è il corridoio preferito, sono sufficienti un paio di dollari di tangenti perché i ragazzi dell’esercito facciano il loro lavoro (quello di chiudere gli occhi).
Si sente spesso dire dagli analisti che non vi è carenza di oro in India. Sbagliato. E’ una commodity più liquida dell’acqua. Lo spread è così sottile che spesso è possibile acquistare e vendere allo stesso prezzo (il commerciante fa il suo margine creando gioielli).
Prima degli anni ’90, l’importazione di oro era fortemente regolamentata e tale da creare pesanti dazi doganali. Naturalmente, in quel periodo molto più oro arrivò in India attraverso il contrabbando. Un grande mafioso aveva messo su una catena di ristoranti a Mumbai e Dubai, più che altro per soddisfare la domanda interna di oro in India.
Due cose avvennero in seguito: il governo perse ogni possibilità di ricavare entrate provenienti dalle importazioni di oro, e, soprattutto, contrabbandieri senza scrupoli iniziarono a gestire un impero in diverse città indiane, specialmente a Mumbai, controllando il traffico di esseri umani (con conseguenze terribili per le ragazze povere e i bambini) e finanziando il settore immobiliare e le industrie cinematografiche. Erano loro i governanti non ufficiali di Mumbai.
Quando le restrizioni sull’oro furono attenuate nei primi anni ’90 sotto la pressione del FMI, gli stessi contrabbandieri cominciarono ad essere identificati e conosciuti come terroristi.
Le restrizioni attuali e il pesante dazio doganale sull’ oro ripeterà le conseguenze del periodo precedente agli anni ’90. Ma in realtà in un mondo irrazionale, dove la retorica ha più valore, forse che qualcuno si preoccupa per le conseguenze reali?
In effetti, sulla base delle mie numerose conversazioni con i commercianti, tutto l’oro di cui l’India ha bisogno è già arrivato attraverso il contrabbando. E i contrabbandieri non desiderano altro che il permanere delle restrizioni sulle importazioni di oro, perché possano rimanere ai loro posti, in quanto non hanno avuto vita facile per lunghi periodi di tempo.
I premi sull’oro al momento superano di almeno il 15% i prezzi sui mercati internazionali, motivo per cui molti risparmiatori indiani si sono “ripiegati” ad accumulare argento. L’India ha importato nel 2013 una quantità complessiva di argento pari a 6.125 tonnellate, record di sempre, con una crescita del 189% rispetto alle 2.115 tonnellate importate nel 2012. Nel solo mese di dicembre l’argento da importazione ha avuto una crescita del 108% mese su mese, pari a 825 tonnellate, con una crescita quindi del 6.560 % anno su anno.
Koos Jansen si chiede se il Governo indiano attuale possa ritenersi soddisfatto della sua politica sui metalli preziosi portata avanti nel 2013 e se anche il prossimo governo sceglierà lo stesso percorso.
Ce lo chiediamo anche noi.