Il 26 marzo lo Shanghai Futures Exchange ha inaugurato l’inizio delle contrattazioni dei futures sul petrolio denominati in Yuan, la valuta ufficiale della Repubblica Popolare Cinese.
Posti all’interno di una molto più complessa strategia macroeconomica, questi futures rappresentano un elemento chiave della sfida lanciata dal Renminbi al dollaro statunitense quale valuta di riserva mondiale.
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Il primo giorno di contrattazioni, per i futures che inaugurano l’era del neo nato petro-yuan, è stato un vero successo.
Il debutto sui listini cinesi del mercato delle commodities è stato di quelli col botto: 62.500 i contratti siglati per un totale di più di 62 milioni di barili scambiati ed un controvalore di circa 4 miliardi di dollari. Un debutto reso ancor più importante dal fatto che, per la prima volta dall’inaugurazione del mercato delle materie prime cinese, anche operatori stranieri abbiano potuto partecipare alle contrattazioni.
Ben 19 sono stati i soggetti stranieri che hanno partecipato alla sessione, fra cui Glencore, Trafigura e Freepoint Commodities tra i primi ad aggiudicarsi dei contratti.
Storicamente, non è la prima volta che la Cina prova il lancio di futures sul petrolio: il primo tentativo di istituire un mercato asiatico del petrolio risale al 1993, ma naufragato poco più di un anno dopo a causa della forte volatilità dei prezzi.
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Lo scambio dei primi strumenti ha luogo durante un periodo molto delicato a livello economico e politico che vede il Dragone e Washington ai ferri corti sia per le investigazioni che per le sanzioni indette dal presidente Trump ai danni di Pechino.
La guerra commerciale che si prospetta fra le due potenze, potrebbe avere effetti catastrofici sui due paesi coinvolti e non è così scontato che gli USA ne escano illesi vincitori: la pressione al ribasso che Pechino può esercitare sul dollaro vendendo massicce quantità di T-note e riserve valutarie in dollari potrebbe avvantaggiare grandemente l’adozione del petro-yuan che pare esser stato messo lì apposta per questo.
Dopo tutto, la creazione dei futures yuan-petrolio è un altro step che avvicina la potenza asiatica al suo obiettivo ultimo: quello di spodestare gli Stati Uniti dal trono di monopolisti dei benchmark sul petrolio attorno al mondo.
Attualmente, e come è stato per circa mezzo secolo, sono essenzialmente due i luoghi in cui si fa il prezzo del petrolio: Londra, attraverso il Brent estratto nelle acque scozzesi, e New York, presso cui si negozia il più pesante WTI.
La volontà di Pechino sarebbe quella di creare un terzo polo, in quel di Shanghai, che possa destare interesse sia tra gli acquirenti che tra i venditori di oro nero: la Cina è oramai indiscutibilmente il primo acquirente di petrolio al mondo e, nel contempo, fornisce un’alternativa di pagamento a tutti i paesi esportatori fino ad oggi costretti a passare per banche, registri e commissioni bancarie statunitensi.
Tra gli attori privati ad usufruire di questo mercato, invece, vi saranno sicuramente la China Petroleum & Chemical, la Sinopec e molti altri giganti di proprietà del governo popolare che importano grandi quantità di greggio dal Medio Oriente: per questo motivo, sono inclusi nelle contrattazioni sull’ International Energy Exchange di Shanghai oli quali il Basra iracheno, il Dubai crude emiratino e l’Oman crude estratto nell’omonimo sultanato.
Non dimentichiamo, infine, la quotazione del gas russo: come avevamo anticipato, la cooperazione tra le due potenze aveva già portato all’implementazione di un sistema di pagamenti PvP tra yuan e rublo alla fine dello scorso anno ed oggi, a testimonianza della vicinanza dei due stati, la Cina può contare sul raddoppio della capacità di importazione di greggio dal suolo siberiano grazie all’apertura di un nuovo oleodotto.
Nella guerra commerciale paventata da Trump e spalleggiata dalla sua amministrazione, c’è quindi seriamente da pensare che la Cina terrà fede alla sua promessa di non tirarsi indietro.
Forse il peggio, deve ancora venire.
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Stai per scoprire gli ingranaggi che muovono il mondo del denaro oggi. E come, e perché, l’oro ne è maledettamente collegato.
Una risposta
Tutto giusto salvo il fatto che tutta questa paventata instabilità i metalli non la percepiscono e continuano in una inesorabile debolezza. Un giorno sparano verso l’alto e i giorni successivi crollano pietosamente. E per di più la stagionalità futura pare essere short fino almeno a Maggio Giugno. Sono una totale delusione.