Ho scritto questo studio in due parti sul Giappone, in quanto, a mio modo di vedere, il Paese del Sol Levante e’ un raro e perfetto esempio di politiche monetarie ed economiche da NON seguire.
Purtroppo le autorita’ economiche e politiche giapponesi hanno deciso di combattere le tendenze recessive tramite l’espansione monetaria e creditizia indiscriminata e tramite deficit di bilancio statale e commerciale: gli unici risultati di queste politiche sono le svalutazioni monetarie e il rigonfiamento di bolle speculative.
Ora, il Giappone e’ avviato verso il declino economico, l’inflazione e l’iperinflazione della propria valuta, lo yen.
Tra i miracoli economici del dopoguerra il Giappone e’ il caso piu’ sorprendente ed e’ utile indagarne l’ascesa e il declino. La Storia economica del Giappone, dal dopoguerra a oggi, anticipa e precede il futuro economico dell’Occidente.
In trent’anni il Paese del Sol Levante si e’ innalzato al rango di grande potenza economica, soprattutto nel settore manifatturiero e nell’High Tech.
Come ha fatto il Giappone, paese povero di materie prime, a sollevarsi dalle macerie economiche del Secondo Dopoguerra?
Dal 1950 al 1975 il Giappone ha adottato i seguenti principi economici per pervenire al “miracolo economico” che lo ha contraddistinto:
- pareggio della bilancia commerciale (ovvero equilibrio tra importazioni ed esportazioni);
- pareggio del bilancio statale;
- stretta regolamentazione del settore bancario;
- forte concorrenza interna tra le imprese (attuata tramite la soppressione e il successivo frazionamento in unita’ di ridotte dimensioni, degli “zaibatsu“, ovvero i monopoli e oligopoli regionali); l’energica concorrenza ha stimolato gli incrementi produttivi della nazione;
- sviluppo concentrato nel settore secondario (manifatturiero – settore automobilistico, cantieristica navale, settore chimico e tessile), ovvero il settore a piu’ alta produttivita’;
- rigido protezionismo, tranne verso i flussi di capitali esteri e alta tecnologia.
Per trent’anni, rispettando i precetti economici di cui sopra, il Giappone ha goduto di un livello di produttivita’ e di benessere sociale senza precedenti (il tasso di crescita economica del Giappone – il PIL – dal 1950 al 1975 si e’ aggirato intorno al 10% annuo).
Dal 1975 con la crisi economica mondiale riverberatasi anche in Giappone, il Paese del Sol Levante ha abbandonato questi principi economici per adottare – tramite alcuni economisti che avevano studiato in USA – alcuni dei dogmi economici appresi in Occidente.
Ovvero:
- abbandono del principio del pareggio della bilancia commerciale (ovvero, l’adozione di surplus crescenti delle esportazioni, attuati tramite costante “svalutazione competitiva” della propria moneta);
- abbandono del principio del bilancio statale in favore di costanti accumuli di disavanzo;
- “deregolamentazione” (deregulation) del settore finanziario e bancario, che ha portato al boom creditizio e monetario alimentando insane bolle speculative sui mercati immobiliari e azionari;
- boom di fusioni e acquisizioni aziendali, abbandonando la politica di forte concorrenza, tornando agli oligopoli che hanno reso inefficiente la produttivita’ generale e diminuito i salari medi, comportando un calo della domanda interna.
Fino al 1965 il Giappone importo’ flussi di capitali e tecnologie dall’estero; le nuove tecnologie applicate al settore manifatturiero incrementarono la produttivita’ generale e la redditivita’ di tutta la nazione.
Tramite gli incrementi dei redditi si alimentava il gettito fiscale all’interno di un perfetto circolo economico virtuoso.
Questi flussi fiscali erano canalizzati in investimenti infrastrutturali pubblici che nel rispetto del pareggio di bilancio innalzavano di nuovo produttivita’ e redditivita’ generale.
Con la crisi economica mondiale degli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, nel 1975 tutti i principi economici che avevano creato il miracolo economico giapponese furono abbandonati in favore della speculazione finanziaria e delle “svalutazioni competitive” per alimentare l’avanzo di bilancia commerciale (da quel momento il Giappone fu condizionato dall’ossessione di esportare i propri prodotti piuttosto che incrementare la domanda interna).
La “deregulation” finanziaria produsse un “boom” senza precedenti del mercato azionario: dal miracolo economico si passo’ all'”economia della bolla”.
La massa monetaria aumento’ in quattordici anni (dal 1975 al 1990) del 52%; questi flussi monetari alimentarono incessantemente la speculazione finanziaria sull’indice Nikkei (nel 1975 l’indice quotava a 4.358 punti; quattordici anni piu’ tardi l’indice quotava 38.916 punti, con un rialzo del 900%).
I profitti di borsa erano reinvestiti nel settore immobiliare; le banche cominciarono a erogare prestiti garantiti da ipoteche ipervalutate per l’acquisto speculativo di appartamenti.
In breve: i prezzi del mercato immobiliare andarono alle stelle.
Le autorita’ economiche, speravano che il boom creditizio e monetario incentivasse i consumi; ma, a parte il fatto che finanziare i consumi non aumenta la capacita’ produttiva di una nazione (bensi’ finanziare gli investimenti infrastrutturali), la “deregolamentazione” ebbe come risultato concreto, solo la creazione di bolle speculative.
Dal 1975, gli economisti giapponesi di formazione “americana”, convinsero il Governo a emettere titoli di stato per finanziare “crescenti deficit di finanza pubblica” al fine di combattere la disoccupazione.
I risultati non furono quelli sperati; il debito pubblico aumentava di anno in anno, senza creare nuova domanda interna, anzi appesantendo il servizio del debito (crescita dell’ammontare degli interessi passivi).
All’inizio dell 1990, l’ascesa dei tassi d’interesse a causa dell’aumento dei prezzi petroliferi, perforo’ la bolla giapponese sul mercato azionario, che capitombolo’ a terra, rovinando finanziariamente famiglie, imprese e il settore bancario.
A settembre, crollo’ anche la bolla speculativa sul mercato immobiliare. Il settore edilizio e finanziario ne usci’ a pezzi.
Da allora in poi l'”economia della bolla” non si e’ piu’ ripresa, ed e’ iniziato un processo di stagnazione economica che tuttora perdura, e che le autorita’ monetarie sono convinte di combattere stampando sempre piu’ moneta per favorire l’export di prodotti giapponesi, nonche’ incrementando all’infinito i disavanzi pubblici per favorire la “ripresa economica”.
Nella seconda parte di questo studio, avvalendoci di alcuni grafici, affronteremo i problemi economici attuali del Giappone e le politiche monetarie messe in atto per fronteggiare la crisi economica, che purtroppo, porteranno il “Paese del Sol Levante” al definitivo tramonto (per usare un gioco di parole) economico e monetario.
Una risposta
A forza di leggere di qua e di la, e anche quest’articolo lo dice, penso che tutte queste mosse attuate siano sbagliate. Vedi Giappone, ma vedi America, ma vedi Europa ….
Fino a poco tempo fa ero convinto che tutta questa gente cercasse con tutta la disperazione possibile una soluzione per uscire da questa crisi … sembra quasi che stiano cercando una soluzione che non trovano …..
Ma pian piano mi sto convincendo che la soluzione l’hanno già in mano ….. ovvero di fare esattamente quello che stanno facendo …..
C’è solo una differenza tra noi “popolo bue” e loro “i grandi manipolatori” …..
Noi siamo convinti che le soluzioni attuate siano totalmente sbagliate (per noi) ….
mentre i sign..ORI sono totalmente convinti che le soluzioni attuate siano perfettamente in linea con le aspettative “budgettizzate” ….
Insomma noi poveri e va ben così …. loro ricchi e va ben anche così …
Ed è qui che solo pochi di noi si salveranno ….. attraverso l’ORO ……