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La Cina impone un embargo parziale alla Corea del Nord

Riallacciandoci a quanto riportato nel precedente articolo pubblicato sul blog di DeshGold, riportiamo una notizia pubblicata sul portale d’informazione in lingua inglese ZeroHedge, dal quale si evincono le dimensioni dell’empasse sulla questione nordcoreana e la fragilità dell’intricato gioco diplomatico che in queste ore si sta consumando sullo scacchiere mondiale.

La Cina si allinea alla politica dell’Occidente nei confronti della Corea del Nord ma avverte Washington delle potenziali ripercussioni che avrebbero delle sanzioni imposte contro Pechino: il confronto tra le due super-potenze è giunto al suo primo atto.

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Secondo quanto riportato dal Ministero del Commercio cinese, Pechino sospenderà, a partire da lunedì 14 agosto, le importazioni di un considerevole numero di materie prime nordcoreane, troncando così una cruciale risorsa di sostentamento economico del piccolo stato asiatico.

Già a febbraio la Cina aveva imposto una misura restrittiva sugli acquisti di carbone importato dal Nord Corea, impedendo così il normale svolgimento degli scambi tra i due paesi.

Per comprendere al meglio la magnitudo di questa presa di posizione del governo cinese, basti pensare che il commercio con la sola Cina ricopre circa il 90% degli scambi internazionali conclusi annualmente dalla Corea del Nord e che il solo commercio di carbone costituisce circa la metà delle esportazioni dell’intero Paese.

La decisione cinese si allinea ai dettami del pacchetto di sanzioni promulgato il 6 agosto scorso dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e, coinvolgendo le commodities di ferro, piombo, minerali grezzi, carbone e prodotti ittici, giunge dopo giorni di altissima tensione fra il presidente americano ed il dittatore nordcoreano.

Al contrario di quanto ci si aspettasse, Kim, pare abbia deciso di moderare un pò i toni nelle ultime 48 ore, scegliendo di non imbarcarsi nei test dei vettori balistici nucleari precedentemente programmati per il weekend appena trascorso.

Nel contempo, però, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è nuovamente espresso a riguardo della questione nordcoreana, emanando nuove, durissime sanzioni che comporteranno alla controparte una perdita pari ad 1 miliardo di dollari l’anno.

La posizione della comunità internazionale è chiara: la crisi diplomatica innescata dalle dichiarazioni del dittatore nordcoreano di poter finalmente contare su una tecnologia che gli permetta di colpire qualsiasi obiettivo sul territorio degli Stati Uniti, è stata condannata in modo unanime…o quasi.

Le sanzioni, nel loro complesso, eserciteranno di certo una pressione sempre crescente sui vertici di Pyongyang, ma è altamente improbabile che ciò basti a farli rinunciare ai loro progetti di sviluppo nucleare, poiché ritenuti essenziali per la sopravvivenza dell’intera nazione.

Il mese scorso, la Cina aveva annunciato l’ammontare della riduzione delle importazioni dalla Corea del Nord: precipitate a 880 milioni di dollari annui, la discesa è quantificabile ad un -13% nei primi sei mesi del 2017, rispetto ai risultati registrati nello stesso periodo l’anno precedente.

A testimonianza della riluttanza cinese ad applicare nuove sanzioni, il Ministro degli Esteri Wang Yi si è recentemente pronunciato su questo tema nel corso di un forum sullo sviluppo economico, dichiarando che, per via dei lunghi e prosperi rapporti commerciali tra i due paesi asiatici, a pagare il conto delle sanzioni comminate al suo vicino, vi sarà sicuramente anche la Cina.

Da questo malcontento, ha origine l’invito che i vertici di Pechino hanno fatto pervenire all’amministrazione Trump: spaccare la coalizione internazionale unitasi contro il regime di Pyongyang andando ad innescare una guerra commerciale fra il Dragone ed il governo a stelle e strisce sarebbe una mossa a dir poco stolta.

L’avviso, perviene esattamente nel momento in cui è altissima l’attesa per la firma di Trump sul memorandum esecutivo che darà il via ad un’investigazione ufficiale sulle violazioni di Pechino delle leggi internazionali a protezione della proprietà intellettuale.

Una mossa che potrebbe sfociare, con alte probabilità, in asprissime sanzioni economiche.

Minacce come questa, possono avere una doppia interpretazione: possono ritenersi sia come tentativo di mettere pressione sulla Repubblica Popolare Cinese per schierarsi più nettamente sulla questione nordcoreana, sia come diversivo per l’opinione pubblica per far sembrare il fallito tentativo di addomesticare Pyongyang, come risultato delle interferenze cinesi e non dell’inefficacia delle politiche estere made in USA.

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da ZeroHedge

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3 risposte

  1. Salvo poi, che la Cina non rispetta i patti. Come tutti gli embarghi d’altronde: le nazioni coinvolte trovano un modo per aggirare la sanzioni.
    In Italia vendiamo armi a paesi sotto embargo, tenetevi forte, sotto forma d rubinetti. Esatto, questi vengono poi fusi e lavorati. Anche qui parlo per esperienza personale ma basta cercare su internet. Ragazzi il mondo è un teatrino.

    P.S.
    Vivo in Cina e so di cosa parlo. 😉

  2. Articolo anti america e anti trump. Luoghi comuni e nulla più.
    La Cina che “manda avvertimenti”. E l’america può tranquillamente rispondere “puppa” dato che è con i dollaroni americani che la Cina vive. Non lo sapevate che il più grande “cliente” della Cina è proprio lo zio Sam? No? Vabbè…

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