Quotazioni di oro e argento sostanzialmente piatte o in leggero ribasso questa settimana.
Il metallo giallo gravita intorno all’importante area di supporto in area $1.145,00 – $1.155,00 (grafico sotto).
Poco mosso anche l’argento che comunque evidenzia un quadro tecnico migliore rispetto all’oro: i livelli dei volumi sono in crescita e anche l’indicatore di forza relativa (RSI) e’ risalito oltre il livello minimo di 30 (grafico sotto).
La settimana finanziaria si e’ sviluppata entro una cornice di alta volatilita’ e vendite da panico a causa della crisi Greca e del violento scoppio della bolla speculativa azionaria in Cina.
Come abbiamo segnalato la scorsa settimana, l’indice VIX (il “barometro della paura dei mercati finanziari”) segnala ancora possibili forti turbolenze sui mercati nelle prossime sessioni di trading; sebbene l’indicatore tecnico RSI sia calato dai massimi, rimane ancora elevato; l’indicatore tecnico MACD rimane sui massimi e puo’ fare presagire una risalita dell’indice di volatilita’ fino area 23,00 (grafico sotto).
Qualcuno ci chiede per quale motivo l’oro non ha reagito al rialzo
alle turbolenze finanziarie delle ultime sessioni di trading
Abbiamo gia’ approfondito la questione la scorsa settimana: ad ogni modo, tentiamo di approfondire la questione, ricorrendo ad alcuni dati storici.
Prendiamo come esempio la grande crisi dei mutui subprime, dell’autunno 2008.
Nel settembre di quell’anno, falliva la banca d’affari Lehman Brothers e aveva inizio il panico finanziario su tutti i mercati finanziari mondiali.
Nello stesso mese, l’oro toccava i $740,00 per oncia in data 11 settembre facendosi strada sino area $905,00 in data 29 Settembre.
Ad ottobre, mentre gli indici azionari mondiali crollavano, l’oro faceva altrettanto, deprezzandosi dai $920,00 del 10 ottobre ai $690,00 del 24 ottobre, un calo del 25% in 10-12 giornate di trading (grafici sotto) – 3 anni dopo questi crolli, l’oro raggiungera’ il top delle sue quotazioni a $1921,00 e l’argento a $48,00.
Per quale motivo l’oro non sovraperfoma gli altri assets finanziari nel caso di panico finanziario?
A causa del “deleveraging” (cioe’ della riduzione improvvisa della “leva finanziaria”) da parte degli operatori di mercato; nelle situazioni di panico finanziario, gli speculatori sono necessitati a vendere qualsiasi asset (soprattutto oro fisico, a causa della liquidita’ del suo mercato), fare cassa e reintegrare i cosiddetti “margin calls” nei mercati “futures”, pena l’insolvenza contrattuale.
Un’altra ragione e’ rintracciabile nel fatto che, durante le crisi finanziarie, i prezzi di tutte le materie prime (così come gli indici azionari) tendono a flettere.
Molti gestori di hedge funds, in condizioni di crisi finanziarie, tendono a liquidare qualsiasi assets pur di fare cassa.
Il crollo delle quotazioni delle materie prime crea le condizioni per uno shock deflazionistico: pertanto, in queste condizioni, le quotazioni di oro e argento tendono a uniformarsi all’andamento ribassista delle materie prime e degli indici azionari.
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2015: L’inizio della FINE nella fede dell’onnipotenza delle Banche Centrali
A gennaio scrivevamo un articolo circa l’andamento finanziario dell’anno 2015, nel quale riportavamo il pensiero di Alasdair McLeod di Goldmoney che prevedeva per quest’anno l’inizio di un’ondata di crolli economici e finanziari che caratterizzeranno anche i prossimi anni.
Ritengo che McLeod ci abbia azzeccato e che il secondo semestre del 2015 potrebbe rivelarsi ancora piu’ turbolento del primo.
A mio modo di vedere il 2015 segnera’ l’inizio della fine nella fede dell’onnipotenza delle banche centrali.
Andiamo in ordine cronologico.
- Proprio a gennaio, la Banca Centrale Svizzera, ha deciso di non sostenere piu’ (o meglio: manipolare) il cambio Euro/Franco Svizzero, vista l’impossibilita’ di contrastare il varo delle politiche di espansione monetaria (quantitative easing) da parte della BCE.
Il Franco Svizzero, lasciato libero di fluttuare sul mercato, si e’ apprezzato in pochi minuti del 30% contro l’Euro.
Un chiaro esempio di come la legge del libero mercato non puo’ essere compressa all’infinito, ma, una volta svincolata dalle costrizioni artificiali (leggi: manipolazioni) delle banche centrali, tenda a “farsi giustizia” in modo estremamente impetuoso.
- Come ben segnalava Roy, le Banche Centrali stanno perdendo anche il controllo dei rendimenti obbligazionari: sono riuscite a comprimerne a livelli minimi i rendimenti stessi, tramite svariati round di “quantitative easing” e di politiche a tassi zero, ma ora il giochetto si sta esaurendo.
L’esperimento delle Banche Centrali, come dicevamo, sembra essere arrivato quasi al capolinea.
Tutti i rendimenti dei piu’ importanti titoli di Stato a 10 anni sono in salita e la cosa apre a nuovi scenari per il futuro, perche’ rendimenti in salita metteranno a dura prova Stati, Aziende e Istituzioni Finanziarie, in quanto saranno costrette a pagare un servizio del debito piu’ caro, proprio in presenza del piu’ alto livello di debito di tutta la storia.
Rendimenti in salita costante, nei prossimi anni, determineranno bancarotte, insolvenze e ristrutturazioni dei debiti con allungamento delle scadenze e cancellazione parziale di parte dei debiti stessi; taglio nei tassi delle cedole o mancato pagamento delle stesse.
In altri casi, se gli istituti e gli Stati indebitati non dichiareranno insolvenza, saranno costretti a inflazionare (o iper-inflazionare; a seconda della gravita’ dei casi), la valuta, distruggendone totalmente il valore.
Pertanto, nei prossimi anni si materializzera’ l’incubo delle banche centrali: lo scoppio fragoroso della bomba mondiale del debito.
Diamo un’occhiata ai rendimenti dei titoli di Stato decennali della UE: sono tutti in salita (clicca sui relativi links);
Spagna; Francia; Italia, Paesi Bassi; Germania; Regno Unito;
dai un’occhiata a quelli extra-UE;
Stati Uniti; Turchia; Corea del Sud; Messico; Indonesia; Australia.
- Questa Domenica, la Grecia e i suoi creditori (FMI, BCE ed ESM, la tristemente famosa Troika), come avevamo pronosticato, riusciranno a trovare un accordo-tampone di breve respiro, dopo l’ennesimo, estenuante e surreale negoziato.
L’accordo prevedera’ misure economiche consistenti in aumenti di entrate, esercitando cosi’ un ulteriore effetto depressivo sull’economia greca. In questo momento storico, con una valuta, l’Euro, fortemente sopravvalutata rispetto alle dinamiche economiche, in Grecia, anche i tagli di spesa deprimerebbero l’economia reale.
Il pacchetto di “riforme” che il Governo Tsipras presentera’, consistera’ in manovre correttive contabili che finiranno con il lasciare intatta l’anima dello Stato greco; uno Stato disfunzionale, inefficiente e parassitario.
Il destino della Grecia, in realta’, e’ segnato: non ci sara’ modo di evitare il default del paese nei prossimi mesi; il suo debito dovra’ essere ristrutturato e ripagato da tutti i paesi europei aderenti all’area Euro.
Il modello culturale Greco e’ fallito ma le istituzioni internazionali (la Troika) e i politici greci, hanno perso il controllo della situazione e continuano a fare finta che il debito pubblico greco possa essere un giorno ripagato; la realta’, inesorabile e impietosa, tra qualche mese presentera’ il conto.
- Lo scoppio della bolla azionaria in Cina
Nel gennaio 2014 abbiamo avvisato dei pericoli del boom della bolla del credito in Cina. Anche questa volta abbiamo avuto ragione.
Nell’arco di un mese di trading l’indice azionario Shangai Composite Index ha perso oltre il 30% del suo valore; il ChiNextIndex (versione cinese del Nasdaq) ha perso piu’ del 40% del suo valore.
La ricchezza di “carta” bruciata nel grande crash azionario cinese, e’ pari a 15 volte il PIL della Grecia!
In 30 giorni, nonostante le Autorita’ Monetarie Cinesi abbiano tentato in tutti i modi di arginare lo scoppio della bolla azionaria, in Cina sono stati bruciati il controvalore di 3,2 trilioni di dollari americani!
Lo scoppio fragoroso della bolla del credito (degenerato prima in bolla immobiliare, poi in bolla azionaria) e’ un passaggio obbligato per il Paese del Dragone: la Cina e’ una civilta’ che sta lentamente transitando, da un modello produttivo disfunzionale a bassa intensita’ di capitale orientato all’export, con una valuta (lo Yuan) artificiosamente svalutata dalla Banca Centrale della Cina a fini di “svalutazione competitiva”, verso un nuovo, moderno modello produttivo ad alta intensita’ di capitale, orientato alla domanda e ai consumi interni e piu’ avviato a una maggiore quota di importazioni a causa della rivalutazione dello Yuan, che in futuro sara’ una delle valute forti a livello globale.
Anche in questo caso, la Banca Centrale Cinese ha perduto il controllo della situazione e non e’ stata assolutamente in grado di evitare il crash del mercato azionario.
Ogni bolla speculativa e’ destinata, prima o poi, a sgonfiarsi.
Il 2015 sara’ ricordato per l’anno della perdita di fiducia delle masse, nell’incondizionata fede dell’onnipotenza delle Banche Centrali.
Il ruolo delle Banche Centrali e delle Elites politiche non e’ quello di promuovere il benessere, il progresso globale e la risoluzione dei problemi sociali ed economici: il loro ruolo e’ solo quello di mantenere “fiducia” (confidence) nel sistema economico-politico-finanziario.
E’ questa fiducia che dal 2015 e nei prossimi anni sara’ scossa alla radice.
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La zecca Statunitense esaurisce le American Silver Eagles a causa della forte domanda
Martedi’, la Zecca Statunitense (US Mint) ha informato il pubblico di aver temporaneamente sospeso la vendita delle monete d’argento “American Silver Eagles” a causa di un incremento significativo nei volumi della domanda.
In un comunicato ai suoi piu’ importanti distributori, la US Mint ha riferito che lo stabilimento di West Point (nello Stato di New York), riprendera’ la sua produzione e le monete in argento dovrebbero tornare disponibili sui mercati entro due settimane.
Dal 2013, anno in cui e’ iniziato un forte calo dei prezzi dell’argento, si e’ scatenato una corsa alla domanda di monete in argento che ha costretto la Zecca USA a razionare le vendite per almeno 18 mesi.
I rivenditori di monete da investimento, attribuiscono l’incremento della domanda, sia ai ribassi nei prezzi dell’argento ma anche al fatto che, le monete in argento sono calate (come prezzi), molto di piu’ di quelle in oro.
Negli USA, in genere, i collezionisti di monete non badano ai prezzi, mentre gli investitori al dettaglio sono piu’ sensibili alle oscillazioni delle quotazioni e tendono a incrementare la domanda quando i prezzi calano.
Nel mese di giugno, le vendite di monete in argento sono salite (sempre negli USA) di 4,84 milioni di once, l’incremento maggiore dal mese di gennaio e ben piu’ del doppio rispetto alle vendite del mese di maggio (che avevano raggiunto i 2 milioni di once).