Siamo soliti pensare alla Cina come quella grande nazione che e’ diventata – da decenni a questa parte – la “fabbrica del mondo”.
Su ogni prodotto che compriamo, guardiamo ansiosi da dove proviene e chi lo ha costruito: l’etichetta Made in China non e’ diventata forse la nostra ossessione?
Ragioniamo sulla Cina come a quella parte del pianeta da cui importiamo grandi quantita’ di magliette di cotone, svariate T-shirts, scarpe con le suole di plastica, componenti per i nostri PC (monitors, tastiere, mouse ecc.), giocattoli di plastica per i nostri figli.
In questa visione Occidentale della Cina, c’e’ molto del vero.
Ma e’ una visione a “corto raggio”, perche’ non prende in considerazione gli importanti mutamenti che stanno prendendo piede nell’economia reale, nella societa’ e nella sfera finanziaria del Paese del Dragone.
Potrei definire la Cina, una civilta’ in transizione.
Transizione verso cosa?
La Cina attuale ha un modello economico basato su investimenti in processi produttivi industriali orientati all’esportazione e a bassa intensita’ di capitale; un modello di crescita basato sull’espansione quantitativa illimitata del credito (anche tramite canali non ufficiali, come lo “shadow banking”, il sistema finanziario ombra, moto diffuso in Cina)
La transizione in corso proiettera’ la Cina verso un modello industriale molto piu’ maturo, basato su investimenti nei processi produttivi ad alta intensita’ di capitale, sull’innalzamento del tenore di vita e dei consumi interni e sull’erogazione di servizi ad alto valore aggiunto.
Sara’ un modello economico-finanziario meno dipendente dalle esportazioni e piu’ orientato verso i consumi e servizi interni.
E’ fondamentale che comprendi il passo successivo al mutamento del modello economico cinese.
Questa transizione, difatti, e’ inevitabilmente accompagnata dalla trasformazione del ruolo dello Yuan-Renmimbi, da valuta utilizzata principalmente nei mercati interni cinesi e dell’Estremo Oriente, a valuta d’intermediazione delle transazioni finanziarie ed economiche globali, nonche’ futura valuta di riserva globale.
La crisi finanziaria del 2008, originatasi negli USA e propagatasi in tutto il pianeta, ha rappresentato uno spartiacque per la classe dirigente politica ed economica cinese.
I leaders cinesi si sono resi definitivamente conto che la prosperita’, lo sviluppo e il progresso futuro del Paese del Dragone, non possono dipendere da un’economia eccessivamente orientata verso l’export in Occidente, soprattutto verso gli USA.
La percezione che ebbero i dirigenti cinesi della crisi finanziaria del 2008 e’ che l’area del dollaro americano (e quindi gli USA), non poteva costituire piu’ il mercato di sbocco principale delle merci cinesi, a causa della continua erosione di valore del dollaro americano.
Con la crisi del 2008 i cinesi hanno compreso che il “signoraggio” internazionale del dollaro (cioe’ la facolta’ di finanziare continui e incessanti deficit con l’estero) e’ destinata a terminare.
L’erosione di valore del biglietto verde mina alla radice l’economia cinese orientata all’export. E questo per due ragioni.
- La riduzione del valore del dollaro, dovuto alle politiche espansionistiche della FED, avvantaggia l’export statunitense a detrimento dell’export cinese.
- In secondo luogo, la Cina possiede, dopo trenta anni di export in USA, le riserve valutarie piu’ ampie del pianete, denominate in dollari americani (quasi 4 trilioni di dollari in riserve); l’erosione di valore del biglietto verde mette a serio repentaglio il valore delle riserve valutarie cinesi.
Pertanto dall’inizio del 2011, i dirigenti economici e politici cinesi hanno ritenuto opportuno invitare i dirigenti finanziari di altri grandi Stati (come l’Indonesia, il Brasile, il Sud Africa, la Turchia e la Corea) a investire nello Yuan-Renmimbi, anzi a costituire un vero e proprio blocco Yuan-Renmimbi e ad abbandonare, progressivamente, il dollaro americano come valuta di riferimento e intermediazione nelle transazioni globali.
In sostanza i dirigenti cinesi hanno fatto appello a quasi tutti i dirigenti dei paese emergenti per sviluppare accordi incrociati tra le rispettive banche centrali, per internazionalizzare il ruolo di intermediazione dello Yuan-Renmimbi nelle transazioni internazionali, nonche’ a diversificare le proprie riserve in valuta cinese.
Per questo motivo, i dirigenti cinesi hanno creato nel 2007 un mercato obbligazionario off-shore a Hong Kong (che tuttora e’ ai suoi esordi) interamente denominato in Yuan-Renmimbi, invitando le maggiori multinazionali e istituzioni finanziarie a collocare bonds (titoli obbligazionari) direttamente tramite il mercato di Hong Kong, il Dim-Sun Bond Market.
Il mercato obbligazionario di Hong Kong permettera’ alle aziende cinesi e a quelle internazionali di collocare strumenti di debito obbligazionario in Yuan-Renmimbi, evitando le farraginose pratiche della burocrazia cinese.
La Cina comunque, ha recentemente sottoscritto un accordo con 32 grandi investitori internazionali per allargare l’accesso ai suoi mercati obbligazionari interni: un grande passo in avanti nell’apertura e nella liberalizzazione dell’economia cinese ai capitali stranieri e agli investimenti esteri.
Ti ricordo che la Cina ha tre mercati obbligazionari interni (on-shore); il mercato interbancario, costituito nel 1994 (in cui si scambiano titoli di Stato Centrali e Locali; titoli obbligazionari di banche statali e istituzioni semi-statali, nonche’ titoli obbligazionari aziendali); poi c’e’ il mercato obbligazionario indicizzato quotato e il mercato obbligazionario “over-the-counter-bonds-retail” che offre titoli di Stato per investitori retails.
L’ampliamento della facolta’ di investire nel mercato obbligazionario off-shore (il Dim Sun bond markets) e l’apertura dei mercati obbligazionari on-shore, danno la possibilita’ agli investitori stranieri di parcheggiare o di investire direttamente i loro fondi nei mercati obbligazionari cinesi.
La Cina vuole fare dei propri mercati obbligazionari, dei collettori, dei magneti permanenti di afflussi di capitali e investimenti dall’estero: in questo modo si pone l’obiettivo di investire nell’economia reale i flussi di capitale provenienti da tutto il globo e fare dello Yuan-Renminbi la prossima valuta di riserva globale (sostenuta da riserve di oro fisico).
Inoltre si pone l’obiettivo di divenire il collettore globale dei flussi di capitale in uscita dall’area del Dollaro Americano, dello Yen Giapponese e dell’Euro.
In futuro il paese del dragone diverra’ meno dipendente dall’export. Anzi, importera’ molto piu’ di adesso.
Divenendo un paese piu’ orientato all’import, anche la domanda di Yuan-Renmimbi tendera’ a crescere, favorendo la diffusione della valuta cinese a livello internazionale.
Ma perchè la Cina dovrebbe diventare un paese piu’ orientato all’import?
Proprio per le ragioni che spiegavo all’inizio dell’articolo.
La Cina sta transitando da un modello economico a bassa intensita’ di capitale ad uno ad alta’ intensita’ di capitale e servizi ad alto valore aggiunto.
Il paese sta gia’ cominciando a costruire impianti ad alta tecnologia per il proprio mercato interno; in futuro vendera’ automobili ad elevato contenuto tecnologico nel medio ed estremo Oriente, tecnologie informatiche all’India, ecc.
Questa transizione portera’ un aumento dei consumi interni nell’economia cinese che permettera’ al paese di non dipendere piu’ dall’export come in passato.
L’aumento dei consumi interni permettera’ un ampliamento della classe media del paese che sara’ orientata anche ad acquistare prodotti e servizi dall’estero, incrementando quindi l’utilizzo dello Yuan-Renmimbi a livello internazionale.
Il regno del dollaro americano non sparira’ da un giorno all’altro. Ma l’ascesa economica e finanziaria della Cina ne mette in discussione il suo ruolo internazionale.
Ti ricordo che la Cina e’ anche in trattative con il FMI per integrare lo Yuan-Renminbi all’interno del paniere di valute internazionali denominato “Diritti speciali di prelievo”.
La Cina si sta imbarcando nella prossima fase di sviluppo economico e finanziario che la portera’ a divenire una delle potenze dominanti di questo secolo. Puoi starne certo, la nostra considerazione del “Made in China” cambierà per sempre.
2 risposte
Comunque forse ci siamo quasi,
ho notato che ultimamente ci sono sempre più articoli negativi sull’oro ed anche questi ultimi ribassi mi fanno ben sperare. Se la storia si ripeterà anche questa volta tutto è pronto per la ripartenza, anche da quota 1000$ o meno, le uniche persone che devono temere sono quelle come me che hanno anche azioni di società minerarie che a questi prezzi rischiano il collasso, ma per chi ha solo oro fisico, pazientate e vedrete.
E’ vero, c’è molta negatività.
Per le azioni minerarie, se hai preso quelle giuste puoi star tranquillo.