ricchezza nel tempo

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Oro, dollari e petrolio: il fenomeno della De-dollarizzazione.

Nella vita quotidiana, alle volte ingannano, altre volte, invece, devono essere salvate.

Nel mondo degli affari, più semplicemente, contano: stiamo parlando delle apparenze.

Come è vero che nei meeting aziendali è importante impacchettarsi in un completo di buona fattura per mettersi in risalto, in macroeconomia il ruolo dell’abito lo ricopre lo stato dell’economia nazionale.

E se il prestigio di una nazione dipende dalla sua economia, allora, la valuta che stampa dev’essere di certo il suo biglietto da visita.

Le valute, infatti, ci raccontano molto del Paese da cui provengono: lo stato e la forza dell’economia, il tipo di politica monetaria perseguita, lo stato della bilancia dei pagamenti, l’indice di gradimento estero, il potere d’acquisto detenuto dalla sua popolazione.

In breve, sono delle gran chiacchierone.

Che storia avrà da raccontarci allora il vetusto dollaro? Leggiamola insieme.

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In un  precedente articolo pubblicato qui in Deshgold, si era accennato, almeno un po’, al fenomeno della de-dollarizzazione.

Per chi fosse ancora digiuno di certi concetti, con de-dollarizzazione s’intende la declassazione del dollaro da valuta di riserva globale a generica valuta fiduciaria nazionale.

E a noi cosa ce ne importa?

Perché mai quelle tre paroline di riserva globale dovrebbero fare la differenza, plasmare o cambiare i destini di una nazione e, con essi, quelli dell’economia globale?

Dev’essere sicuramente un’esagerazione di chi scrive, direte voi.

Ebbene, di riserva globale, come fosse una medaglia d’oro al valore militare, è una dicitura che viene appuntata sul petto di una valuta quando essa gode di uno status molto particolare: l’essere inclusa in grandi quantità nelle riserve di divisa estera di numerosi soggetti stranieri, siano essi altre banche centrali, banche commerciali, istituzioni finanziarie di vario tipo, governi, compagnie o privati.

La valuta di riserva globale è, proprio per il fatto di essere presente in tutto il mondo ed essere utilizzata nella stragrande maggioranza delle transazioni internazionali, l’ago della bilancia del commercio mondiale.

Detenere il diritto di coniare quella moneta è, perciò, per qualsiasi paese ed in qualsiasi epoca storica, un immenso privilegio.

Perché?

Perché il dollaro, tornando ai giorni nostri, è la valuta secondo cui sono prezzati tutti, e ripeto tutti, i beni commercializzati su questa terra.

Non ce n’è uno che rivesta una discreta importanza nelle nostre vite che non venga scambiato, senza troppo ciarlare, a fronte di un’offerta di pagamento eseguita in dollari.

Detta terra-terra quindi, una valuta di riserva globale è quella valuta per cui, sia che tu vada nel più sperduto angolo di deserto africano o nel cratere più buio disponibile sulla Luna, troverai sempre qualcuno disposto ad accettarla come mezzo di scambio.

Gode, pertanto, di livelli di fiducia inumani e permette a chi la stampa di:

  •  comprare beni con immediatezza (pezzo di carta creato dal nulla vs beni tangibili)
  • non incorrere in ulteriori commissioni bancarie o fluttuazioni dei tassi di cambio anche in caso di transazioni internazionali
  • stamparne a badilate con rischi di inflazione interna ridottissimi [poiché la domanda di moneta è collegata alla domanda dei beni prezzati in quella valuta e che, per la maggior parte del ciclo economico, è in continua crescita nel tempo].

A chi la detiene nei propri conti correnti, invece, permette di chiedere prestiti a costi più bassi e, anche in questo caso, poter andare in giro per il mondo a comprare beni di ogni tipo senza nemmeno dover passare dall’ufficio cambi.

In effetti, se ricordate, era esattamente ciò che accadeva con i turisti americani fino all’avvento dell’Euro.

A fronte di tutti questi vantaggi, avere la propria valuta elevata a status di riserva globale è un traguardo molto ambito dai più e, da chi lo detiene, ben difeso.

Il punto è che questa difesa ad un certo punto, crolla inesorabilmente.

A testimonianza di quanto detto, prima del dollaro, la valuta di riserva era la Sterlina, prima ancora il Peso, preceduto a sua volta dallo Zecchino veneziano, dal Fiorino italico, dal Dinaar mamelucco e, se vogliamo spingerci davvero agli estremi, dalla Dracma dell’antica Grecia.

Tutto ciò che queste valute hanno avuto in comune quindi, era essere le protagoniste del commercio della propria epoca.

Ma ad un certo punto, per ragioni economiche, di politica interna o militari si videro tutte costrette a cedere il passo.

La stessa cosa sta accadendo al dollaro: la de-dollarizzazione per l’appunto.

Le forti scosse che ne hanno indebolito le fondamenta su cui si basava l’indiscussa supremazia del dollaro si sono susseguite a partire dall’inizio di questo secolo.

L’entrata in vigore dell’Euro, i tentativi di alcuni dittatori medio orientali di divincolarsi dal sistema del dollaro per ricevere i proventi della vendita di petrolio in altre valute o in oro, la crescita esponenziale dell’economia cinese, la creazione del blocco dei BRICS con relativa banca di sviluppo ed agenzia di rating indipendenti, la quotazione del Renminbi cinese tra le valute che compongono i Diritti Speciali di Prelievo del Fondo Monetario.

I conflitti in politica interna degli ultimi anni ed il fratturarsi dei rapporti con i propri alleati sono solo gli ultimi eventi di una lunga lista di avvenimenti.

Oggi, le pressioni sull’abbandono del dollaro come benchmark di riferimento mondiale si fanno sempre più insistenti tanto che numerosi accordi bilaterali riguardanti il pagamento di energia o petrolio in modalità che non coinvolgano l’uso di dollari sono già in essere.

L’apertura del mercato delle commodities di Shanghai, ha permesso difatti la possibilità di acquistare derivati del petrolio e materie prime anche in Renminbi, dando perciò un’alternativa a domanda ed offerta.

Nelle ultime settimane, però, strumenti ancora più arditi si sono affacciati sulla scena: futures sul petrolio quotati in Renminbi e scambiabili liberamente in oro.

Insomma, pezzi di carta buoni quanto l’oro.

Uno slogan utilizzato dallo stesso dollaro e che perse definitivamente nel ’71.

Alla de-dollarizzazione contribuiscono anche ulteriori fattori che accenniamo solo brevemente, in quanto presenti in altre pubblicazioni sul blog:

  •  i numerosi paesi asiatici che stanno rimpinguando le loro casseforti di oro fisico a capo dei quali ci sono ben due delle tre superpotenze che oggi il nuovo mondo multipolare ha da offrirci – Russia e Cina
  • le divisioni politiche interne agli USA che si materializzano in spinte nazionalistiche e pro-globalizzazione che hanno l’effetto di inasprire i rapporti fra le istituzioni e far si che, sotto lo stesso tetto, si perseguano nel contempo obiettivi diametralmente opposti.

Per un’analisi numerica, ripetiamo che il Dollar index (DXY) sta tastando una resistenza a 92.5 punti, in ribasso del 10% da inizio anno; nel cambio euro-dollaro il primo si sta rivelando progressivamente più forte consolidando l’apprezzamento registrato nel semestre appena trascorso.

Ma sono molte le stranezze che caratterizzano di questi tempi i mercati: prezzi delle azioni che salgono nonostante vengano corretti al ribasso gli utili futuri delle aziende emittenti, oro che spinge al rialzo e le azioni al ribasso – come è naturale – alle notizie di lanci missilistici o test nucleari, mentre all’apertura di Wall Street il primo precipita e le seconde recuperano magicamente terreno.

Le de-correlazioni sono evidenti e, se di norma segnalano ribassi imminenti, quando si comportano così bizzarramente evidenziano manipolazioni.

Purtroppo, l’unico effetto duraturo delle manipolazioni sarà quello di aver contribuito a creare un ambiente economico ancora più difficile ed ostile, che renderà la correzione dei prezzi di diverse assett class più drastica e violenta di quanto non potesse essere in precedenza.

La strada è già scritta: il dollaro americano, e con lui l’egemonia degli Stati Uniti, ha accelerato la strada verso il tramonto e, per il suo scettro, si sono già messi in fila vari contendenti.

Ulteriori sanzioni, guerre, fallimenti diplomatici, buchi nel tessuto politico interno degli statunitensi, crack finanziari, contribuiranno ad accelerare questo processo, privando di ogni prestigio il biglietto [verde] da visita più blasonato del 20° secolo.

Per comprare oro e argento fisico dai rivenditori più sicuri al mondo ed ai prezzi più bassi sul mercato e per capire come conservarlo nel modo giusto e sottrarti al rischio di confisca, guarda ora il videoseminario che scarichi da questa pagina.

 

 

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