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Mercati euforici: quando si fermerà la musica?

Nei corridoi di Wall Street è dappertutto.

La si sente nell’aria, nell’acqua e forse anche nel caffè: l’euforia è persistente e contagiosa.

E come non esserlo, quando anche con uragani, guerre, atti di terrorismo, minacce nucleari, tentativi di impeachment, repressioni e crisi migratorie, la borsa continua a salire non curante della realtà?

Che la borsa sia diventata la El-Dorado di oggi, in cui basta investire e, tranquillo, dimenticatene che guadagnerai senza sforzo?

Ecco le ragioni per cui chi verrà dopo di noi, continuerà a compiere i nostri stessi errori.

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L’economia giapponese è in stagflazione dai primi anni ’90.

Non è una novità, né una teoria balzana: l’economia del Sol Levante è normalmente presa come esempio per dimostrare a livello accademico la co-esistenza di fenomeni quali l’inflazione e la stagnazione nell’economia.

Una situazione in cui l’economia, nonostante gli sforzi della banca centrale per stimolarla e farla tornare a girare su livelli di crescita accettabili, da vera prima donna, preferisce stare in letargo aspettando che l’inverno passi.

In questa situazione, proprio in questi giorni e contro ogni pronostico, il Nikkei, indice di riferimento della borsa giapponese, ha fatto registrare un nuovo massimo a 22.750 punti.

Un livello del genere non si vedeva dal 1992, quindi dagli inizi della stagflazione.

Che il Giappone sia riuscito, sotto traccia, a risolvere tutti i suoi problemi economici e prepararsi ad essere la prossima potenza mondiale?

Non ci risulta.

Questa è, come altre, una lampante riprova dell’euforia irrazionale oggi presente sui mercati azionari.

Lo stesso  Steve Previs, da quasi 30 anni vice-presidente della Jefferies International Limited ­­– banca d’investimento con sede a New York – afferma sconsolato:

 Stiamo raggiungendo livelli di ottimismo pari a quelli della bolla dot.com ad inizio anni 2000.

Mi chiedo quando rivedremo ancora un giorno al ribasso: per l’ennesima volta si va su per un’intera settimana, senza fermarsi.

Le leggi della gravità finanziaria sono immutabili: quel che va su deve per forza tornare giù.

Abbiamo anche esempi lampanti di aziende che sono ai loro massimi in termini di prezzo azionario ma non ha senso che siano lì.

La Caterpillar, tra i massimi produttori di macchine movimento terra, nonostante anni di vendite in declino, ha visto il suo P/E aumentare di ben 6 volte negli ultimi 7 anni; la Exxon Mobil, nonostante il petrolio sia agli stessi livelli di prezzo di 10 anni fa, registra un aumento nel prezzo delle azioni del 150% rispetto al 2006.

Pura irrazionalità.

Un’ulteriore chiave di lettura da tenere d’occhio, è proprio quella del petrolio, materia prima per cui il Medio-oriente gioca un ruolo fondamentale nella definizione del prezzo.

In questo momento, la situazione medio-orientale è tesissima: se lo Stato Islamico è ormai prossimo alla sua dissoluzione, non lo sono i conflitti di interesse nella regione.

Le ostilità, difatti, invece di ridursi si espandono su più fronti: il Califfato non era la vera causa dei disordini in quell’angolo di mondo, il quale è straziato da rivalità ben più profonde; è di poco fa la notizia che l’Arabia Saudita ha recepito alla stregua di una dichiarazione di guerra da parte del Libano le aggressioni del gruppo sciita libanese Hezbollah.

Nel contempo Israele si accanisce sul suolo siriano, totalmente non curante dei campi di addestramento integralisti nati a ridosso delle alture del Golan, a un tiro di schioppo dai loro confini.

Gli stessi curdi, in perenne conflitto con i turchi, si trovano schiacciati nella morsa iracheno-siriana, ora che hanno reclamato il possesso dei pozzi petroliferi più importanti della Siria in avanzate talmente fulminee da far tramutare, nei cuori di molti, i sospetti di collusione con emiri locali dell’ISIS in solide certezze.

Nei confini sauditi invece, non c’è pace per la famiglia Reale: dopo le recenti purghe ed arresti effettuati per ordine del principe ereditario, due principi sono deceduti in incidenti nelle ultime 24 ore.

In Yemen la situazione non è cambiata di una virgola ed il minimo comun denominatore di tutti questi teatri ha un solo nome: Iran.

La forte destabilizzazione del Medio Oriente odierno è dovuta ad un ritorno di fiamma del paese persiano, il quale, dopo decenni di sabotaggi occidentali sta ora rivendicando il suo posto di primo piano nello scacchiere medio-orientale.

Non è un segreto l’appoggio iraniano ai ribelli Yemeniti, né al gruppo libanese Hezbollah; non lo è nemmeno l’appoggio agli eserciti siriano ed iracheno, nonché al governo di Erdogan quando si tratta di ridimensionare le avventure curde tra i giacimenti siriani.

Il prezzo del petrolio, per via di queste complicazioni, potrebbe risentirne: a causa dello shift di potere nella regione, lo stesso mercato azionario potrebbe collassare se lo scenario di un’impennata nei prezzi del petrolio si dovesse verificare.

Infine, un’ultima notizia flash dal duo Trump-Kim Jong Un: Trump si crede sicuro di impermeabilizzare il Giappone da qualsiasi attacco nord-coreano vendendogli armamenti di prim’ordine made in USA.

Al momento, l’unico bene che questa situazione ha creato, è quello di aver aumentato gli introiti delle industrie della Difesa (o dell’Attacco?) americane, mentre i tre gruppi da battaglia statunitensi, comprensivi di portaerei, al momento paiono avere ben più a cuore le coste cinesi piuttosto che quelle nord-coreane.

La morale è la seguente: la pazzia di chi ha prodotto e sponsorizzato questo sistema monetario è alla base dei problemi odierni.

Le economie sono depresse, le persone non sognano più, né si battono per ottenere un mondo migliore. Ci si accontenta e, più la situazione peggiora, più si stringe la cinghia anziché dire “basta!”.

Il materializzarsi di guerre e violenze non è la causa di profondi problemi economici e sociali: ne è solo la manifestazione più acuta.

I conflitti che si dipanano all’orizzonte, non saranno altro che rumore: distrubi o polvere che offuscheranno la memoria della gente e getteranno fumo negli occhi di coloro che cercheranno i “perché” di ciò che stiamo vivendo oggi, tra le pagine dei libri di storia.

Quel fumo che impedisce alla stragrande maggioranza dell’umanità di conoscere in modo trasparente il funzionamento dell’economia, le ragioni del pericolo a cui si va incontro, la posta in gioco ed il grado in cui tutto ciò possa stravolgere le nostre vite.

Si arriverà al punto in cui, anche questa volta come tante in passato, si darà la colpa di tutto a qualche conflitto, a qualche casus belli o altri inconvenienti a cui addossare tutta la responsabilità del collasso.

Qualche capro espiatorio grazie al quale l’informazione main-stream manderà nel dimenticatoio le centinaia di briciole lasciate come indizio dal sistema economico odierno nel suo percorso verso l’autodistruzione, briciole da lei stessa bollate come insignificanti o sbagliate.

Il prezzo delle azioni sale, tutto va bene e non potrebbe andare meglio.

Gioite ed anzi, siate euforici: la musica è al suo massimo .

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Staff DeshGold

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3 risposte

  1. Ciao a tutti.

    Se la borsa sale e’ perché gli altri asset non sono redditizi. Chi ha i soldi (e parliamo soprattutto di investitori istituzionali) li investe sull’unica cosa che in questo momento fornisce un rendimento. E’ chiaro che prima o poi ci sarà un correzione importante che riporterà i mercati azionari al loro valore “razionale”. Ma fino a quando ciò non avviene, perché preoccuparsi e rinunciare a partecipare alla festa?

    In un trend robusto come quello attuale, ogni correzione del mercato che non metta in discussione il trend, va vista come un’opportunità di ingresso. Gli stop loss vanno rigorosamente inseriti per evitare il peggio e dormire sonni tranquilli. Così come diversificare (non mettere tutti i soldi su un solo titolo/mercato) rimane un must.

    Chi sa come operare (attenzione non é scontato che molti sappiano esattamente come fare) non si deve far spaventare da chi afferma che siamo in una bolla che prima o poi scoppierà.
    Impariamo a vivere nell’oggi e a cogliere i frutti che il mercato ci offre senza troppi pensieri sui pericoli imminenti…

    P.S. Con questo commento non voglio scoraggiare ad investire in oro, che sul medio/lungo termine potrebbe anche rivelarsi l’asset vincente! Semmai il mio é un incoraggiamento ad imparare anche ad investire su altri asset, il che richiede ovviamente un diverso approccio.

    Un caro saluto.
    Giorgio

  2. Roy, siamo andati ben oltre di “ai confini della realtà” la famosa serie anni 60.
    Condivido sulla pazzia di chi ha prodotto questo sistema finanziario, che è alla base dei problemi odierni. Ma non è solo questo, c’è un altro problema volutamente ignorato da molti: i limiti fisici del pianeta. La crisi petrolifera è per ora ufficialmente mascherata con vari espedienti, gli Usa con il shale oil, la stessa Arabia Saudita con tecnologie di pompaggio dell’acqua di mare, per estrarre il petrolio sempre più pesante. In molti, specie in economia, non sanno distinguere la differenza tra un liquido in pressione ed uno che non lo è, e nemmeno capiscono che i liquidi più leggeri stanno sopra, in definitiva non conoscono minimamente le basilari leggi fisiche. Ad esempio mi riferisco ad un insigne docente della Chicago University, che spesso scrive su un noto giornale finanziario, a base di frottole quotidiane.
    Altro aspetto che riguarda la tenuta estrattiva dell’Arabia Saudita che si vocifera, è la vendita di petrolio “prelevato” dall’Iraq. Uno dei motivi della distruzione dell’Iraq e della Siria, non parrebbe essere solo una questione religiosa, ma i giacimenti di petrolio che iracheni ed in parte siriani, non hanno mai sfruttato e portato all’esaurimento come i sauditi.
    Interessante è il libro di Eric Laurent, lo stesso arrestato dai francesi con pretesti, allo scopo di toglierlo dalla circolazione, illuminante anche sulle riserve e le stime Aramco. E’ un po’ datato, ma a maggior ragione più passa il tempo e più è attuale.
    Inoltre in molti si dimenticano che senza energia facile e poco costosa, la tecnologia non sarebbe disponibile, almeno quella di massa.
    Saluti e buon lavoro (ottimo come sempre)

  3. Adam Smith fu perentorio: l’export causa la restrizione generale del mercato. In altre parole, il mercato unico è una grande cagata. Con le barriere doganali e i dazi ogni nazione è un mercato, col risultato che nel mondo ci sono decine, forse centinaia di mercati. Ognuno a misura di cittadino. Senza barriere è tutto un mega mischione senza senso che riduce l’uomo a formichina nel deserto. Una grande cagata. Bisogna tornare agli splendidi anni 90, quando tutto era perfetto !

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